Spreco alimentare _principale

Spreco alimentare, serve una strategia

Ogni anno, a livello globale, gettiamo nella spazzatura una quantità di cibo pari a 1,3 miliardi di tonnellate, il cui valore economico supera i 1.000 miliardi di dollari. Secondo i dati dell’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market, lo spreco alimentare in Italia vale lo 0,6% del PIL nazionale. Recenti studi indicano che il 10% del cibo sprecato annualmente è legato alle etichette che indicano la data entro cui è preferibile consumare il prodotto.


Quanto cibo sprechiamo

Ogni anno, a livello globale, gettiamo nella spazzatura una quantità di cibo pari a 1,3 miliardi di tonnellate. Il cibo che non viene consumato viene definito “cibo sprecato” (food waste) (Tabella 1), mentre lo spreco di risorse in termini di suolo, acqua ed energia, associato al cibo sprecato,viene definito “cibo perduto” (food losses) (Tabella 2). La quantità di cibo commestibile sprecato annualmente lungo tutta la catena alimentare (produzione, trasformazione, distribuzione, commercializzazione, consumo a casa) comprende ambedue le tipologie di spreco alimentare (United Nations Food and Agricultural OrganisationUN FAO).

 

 

SETTORE

 

FAO (Europa)

 

Foodspill (Finlandia)

 

FH Munster (Germania)

Bio Intelligence service (Europe)

 

Fusions (EU)

Produzione

23

19-23

22

34,2

11

Trasformazione

17

17-20

36

19,5

19

Vendita

9

30-32

3

5,1

17

Consumatori

52

28-31

40

41,2

53

Tabella 1. Spreco di cibo (%) nei comparti che costituiscono la catena alimentare (fonte: European Court of Auditors. Combacting Food Waste: an opportunity for the EU to improve the resource-efficiency of the food supply chain. 2016)

 

Prodotto vegetale

% sprecata

Cereali

20

Lattiero-caseari

20

Pesce e prodotti a base di pesce

30

Frutta e verdura

45

Carne e prodotti a base di carne

20

Semi oleaginosi e semi delle leguminose

20

Radici e tuberi

45

 Risorse sprecate annualmente

 

Acqua

250.000 miliardi di litri

Suolo

1,4 miliardi di ettari

Emissioni CO2 equivalente

3,3 miliardi di tonnellate

Tabella 2. I principali prodotti oggetto di spreco alimentare (fonte: FAO, Save food initiative, 2011; FAO, 2013)

 

Il valore economico del cibo sprecato a livello globale supera i 1.000 miliardi di dollari l’anno, ai quali vanno aggiunti i costi imputabili ai conflitti legati al controllo delle risorse naturali, al trattamento di patologie legate all’impiego di pesticidi in agricoltura, alla depurazione delle acque, alla perdita di habitat naturali e dei relativi servizi eco-sistemici, agli effetti dei cambiamenti climatici e della riduzione della disponibilità di acqua, ai processi di erosione e di riduzione dello stato di salute dei terreni agricoli, ai sussidi pubblici alla produzione alimentare, che fanno slittare la stima a quota 2.600 miliardi di dollari (Food Wastage Footprint – full costs accounting, FAO, 2013). Secondo uno studio della Commissione Europea Preparatory Study on Food Waste Across EU 27, realizzato nel 2010 da Bio Intelligence Service, i Paesi dell’Unione europea (inclusa la Gran Bretagna), i quali rappresentano i maggiori produttori di cibo al mondo grazie alla disponibilità di una vasta area di suolo fertile e di un sistema agricolo-alimentare moderno ed efficiente lungo tutta la catena alimentare, sprecano circa 90 milioni di tonnellate di cibo (circa180 kg a persona), spesso ancora in condizione di essere consumato. A questo proposito, recenti stime della Commissione europea sottolineano che, se non saranno in atto strategie appropriate, entro il 2020, la quantità di cibo sprecato annualmente raggiungerà quota 126 milioni di tonnellate.

 

I dati dell’Osservatorio Waste Watcher   

Secondo un recente studio dell’Università degli Studi di Bologna la quantità di cibo sprecato ogni anno in Italia raggiunge le 3,6 milioni di tonnellate e causa l’emissione di circa 3,4 milioni di tonnellate di CO2eq (oltre 5 considerando anche le emissioni legate allo smaltimento dei relativi rifiuti). I maggiori consumi energetici si riscontrano nei settori dell’agricoltura e dell’industria alimentare e sono compresi tra il 12% e il 15% rispetto al consumo totale di energia finale (7° Rapporto Annuale sull'Efficienza Energetica, ENEA), di cui circa il 3% è attribuibile allo spreco alimentare calcolato dal campo alla tavola.

Secondo il Rapporto 2018 dell’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/Swg, condotto nell’ambito della 9a campagna nazionale di sensibilizzazione sul tema dello spreco alimentare SprecoZero 2018/2019, presentato il 26 luglio scorso, le famiglie italiane gettano nella spazzatura 3 kg di cibo pro-capite ogni mese. Questo si traduce in un costo annuale di 8,5 miliardi di euro, pari allo 0,6% del PIL nazionale (Università di Bologna, Enea, ENI).

 

Il valore delle etichette 

Ad oggi, sebbene a livello europeo non sia stata ancora definita una legislazione specifica e neppure l’elaborazione di linee guida sul tema dello spreco alimentare, è in corso l’elaborazione di proposte che, secondo le stime dell’Unione Europea, giocherebbero un ruolo non indifferente nella lotta contro la piaga dello spreco alimentare nei Paesi membri, in particolare per quanto riguarda gli aspetti sociali e i risvolti di ordine energetico e ambientale (Figura 1).

 

Figura 1. Azioni proposte dalla Unione europea contro la piaga dello spreco di cibo (fonte: elaborazione da European Court of Auditors. Combacting Food Waste: an opportunity for the EU to improve the resource-efficiency of the food supply chain. 2016)

 

Recenti studi evidenziano che il 10% del cibo sprecato annualmente è legato alle etichette che indicano la data entro cui è preferibile consumare il prodotto (use by e best before). In essi si sottolinea la necessità di verificare che le etichette risultino effettivamente legate ad esigenze reali di sicurezza alimentare del prodotto, piuttosto che condizionate da scelte commerciali (Market study on date marking and other information provided on food labels and food waste prevention. ICF in association with Anthesis, Brook Lyndhurst and WRAP, 2018).

Elsevier-CRUI

Accesso continuativo al database ScienceDirect di Elsevier per i ricercatori italiani

Elsevier, azienda specializzata nell’informazione in ambito medico e scientifico, e la Conferenza dei Rettori Universitari Italiani (CRUI) hanno raggiunto un accordo che permette alle istituzioni accademiche italiane di beneficiare di un accesso continuativo alla piattaforma digitale ScienceDirect di Elsevier, la più importante soluzione informativa di letteratura scientifica peer-reviewed, dedicata al mondo dei ricercatori.

I dettagli dell’accordo sono stati finalizzati alla fine del mese di giugno 2018, a seguito delle negoziazioni avvenute alla fine del 2017, e prevedono l’estensione della partnership fra CRUI ed Elsevier per il periodo 2018-2022. Grazie a questo accordo quinquennale, oltre 70 istituzioni di ricerca italiane potranno usufruire di ScienceDirect, ottimizzando la modalità con cui i ricercatori italiani cercano, scoprono, consultano e condividono la ricerca accademica.

Leggi il comunicato stampa allegato

Campiotti Europa accordo con Parigi

L’Europa punta su rinnovabili ed efficienza energetica

Calano gli investimenti nelle rinnovabili, aumentano quelli nelle fossili. Secondo Bloomberg entro il 2050 oltre il 60% dell’energia elettrica sarà generata da fonti rinnovabili, metà della quale sarà coperta da fotovoltaico ed eolico. L'Europa alza il target al 35% entro il 2030. 


Gli investimenti in rinnovabili ed efficienza energetica

L’Accordo di Parigi prevede di contenere la percentuale di combustibili fossili sotto il 40% del mix energetico globale al 2030. I numeri attuali non lasciano sperare. L’ultimo rapporto pubblicato dall’Agenzia internazionale dell’energia ci dice che nel 2017 gli investimenti globali nel settore delle energie rinnovabili sono calati del 7% rispetto al 2016, attestandosi a quota 318 miliardi di dollari a fronte di un aumento – prima volta dal 2014 – di quelli per i combustibili fossili, che hanno ricevuto finanziamenti pari a 790 miliardi di dollari, raggiungendo il 59% del mix energetico globale (Figura 1). Tale aumento, sottolinea il rapporto, è stato dovuto anche al leggero innalzamento dei prezzi di petrolio e gas, mentre tra le cause del calo degli investimenti nel settore delle rinnovabili ci sarebbero i recenti cambiamenti politici in Cina, legati al sostegno allo sviluppo del solare fotovoltaico, che stanno aumentando il rischio di un rallentamento degli investimenti anche per il 2018. La Cina, infatti, rappresenta da sola oltre il 40% degli investimenti globali nel solare fotovoltaico e i suoi cambiamenti politici hanno implicazioni a livello globale. Nel complesso, gli investimenti energetici a livello globale hanno raggiunto quota 1.800 miliardi di dollari nel 2017, registrando una diminuzione del 2% rispetto al 2016. Di questi, circa 750 miliardi sono stati destinati al settore elettrico, mentre 715 miliardi sono stati spesi per l’approvvigionamento di petrolio e gas.

 

Figura 1. Investimenti nelle energie rinnovabili a livello globale (fonte: Bloomberg New Energy Finance)

 

Inoltre, rileva il rapporto, dopo anni di crescita sono diminuiti anche gli investimenti nell’efficienza energetica che nel 2017 hanno subito un calo del 3% a livello globale. «Il calo degli investimenti globali per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica è preoccupante – ha affermato in una nota stampa Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Agenzia – e questo potrebbe minacciare l’espansione dell’energia pulita necessaria per soddisfare gli obiettivi di sicurezza energetica, clima e aria pulita”. Tuttavia, segnali positivi provengono dal settore dell’energia nucleare: secondo il rapporto, nel 2017 sono state dismette più centrali nucleari di quante ne siano state costruite e gli investimenti nel settore sono scesi ai livelli più bassi degli ultimi cinque anni. Qualche segnale positivo proviene poi dal settore dei trasporti e dei consumi termici degli edifici: le vendite di auto elettriche sono in crescita, anche se restano ancora una piccola parte del mercato globale; tale crescita è stata stimolata, sottolinea il rapporto, dai consistenti incentivi governativi per l’acquisto delle auto elettriche che coprono mediamente il 24-25% del prezzo di vendita. Per quanto riguarda la sostenibilità energetica degli edifici, il rapporto registra un aumento del 30% nella spesa globale per l’acquisto di pompe di calore, impiegabili per il riscaldamento e il raffrescamento, che ha contribuito a migliorare il settore dell’efficienza energetica. Nel frattempo, evidenzia il rapporto, nel 2017 sono cresciuti del 13% gli investimenti statali nella ricerca nel campo della low-carbon energy, in particolare nel Nord America (7,8 miliardi di dollari spesi), Europa (7,1 miliardi) e Asia (6,4 miliardi) per un totale di oltre 20 miliardi di dollari di investimenti a livello globale.

 

L’Accordo europeo sulle rinnovabili

Secondo le previsioni sul World Energy Outlook 2018 fatte da Bloomberg entro il 2050 oltre il 60% dell’energia elettrica sarà generata da fonti rinnovabili, metà della quale sarà coperta da fotovoltaico ed eolico (Figura 2).

 

Figura 2. Mix energetico globale al 2050 (fonte: New Energy Outlook 2018, Bloomberg)

 

Sembra che l’Europa abbia colto il messaggio: a giugno è stato raggiunto l’accordo europeo tra Parlamento europeo, Commissione europea e Consiglio europeo su quella che sembra sarà la transizione energetica europea per i prossimi dieci anni e sulle normative che la guideranno. Si tratta di un compromesso raggiunto tra i Governi europei, i rappresentanti delle istituzioni europee e parte della società civile nell’ambito del pacchetto Clean energy for all Europeans, presentato nel novembre 2016. In base al nuovo accordo, il nuovo obiettivo per l’Europa sarà quello di raggiungere una copertura del consumo totale di energia da fonti rinnovabili fino al 35% entro il 2030 (i precedenti accordi avevano fissato tra 27% e 32% la quota da raggiungere). Il nuovo accordo prevede una copertura dei consumi da fonti rinnovabili del 14% per il settore dei trasporti e del 3,5% per i biocarburanti “di seconda generazione”, cioè quelli non derivanti da colture alimentari, escludendo inoltre l’utilizzo di olio di palma per la produzione di biofuel entro il 2030. In particolare, la Tabella 1 riporta una sintesi di quanto previsto per l’Europa e l’Italia in termini di emissioni, rinnovabili e domanda di energia (aumento dell’efficienza energetica).

 

OBIETTIVI AL 2020

OBIETTIVI AL 2030

Europa

Europa

Emissioni gas

meno 20%

Emissioni gas

meno 40% (rispetto al 1990)

Rinnovabili

20%

Rinnovabili

35%

Domanda di energia

meno 20%

(aumento efficienza energetica)

Domanda di energia

 meno 27% – 30%

(aumento efficienza energetica)

 

ITALIA (rispetto al 1990)

ITALIA

Emissioni gas

meno 20%

Emissioni gas

meno 33% (rispetto al 2005)

Rinnovabili

17%

Rinnovabili 

28%

Domanda di energia

meno 26%

(aumento efficienza energetica)

Domanda di energia

meno 30%

(aumento efficienza energetica)

Fonti: Commissione europea, Ministero dello sviluppo economico ENEA

 

Gli impegni europei sulle emissioni di gas climalteranti, le energie rinnovabili e la riduzione di energia fossile, da conseguire con l’aumento dell’efficienza energetica, rappresentano un passo ulteriore verso gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e la chiave di volta per uno sviluppo economico sostenibile.