Contenitori aerosol sempre più ecosostenibili. La riduzione di spessore fa risparmiare 3.880 tonnellate di CO2

Gli imballaggi metallici si confermano protagonisti di una efficiente economia circolare.
Lo rivelano i dati presentati da Metal Packaging Europe all’"Aerosol & Dispensing Forum" di Parigi.


Facili da utilizzare, sicuri e sempre più ecosostenibili, i contenitori aerosol in acciaio e alluminio sono stati  protagonisti dell’Aerosol Dispenser Forum (ADF), la prestigiosa conferenza annuale del settore che si è tenuta lo scorso 31 gennaio a Parigi. Un elemento chiave dell'evento è stato la presentazione di "Aerosol in metallo nell’economia circolare", con la quale Metal Packaging Europe ha evidenziato la comprovata sostenibilità degli imballaggi metallici e le performance record lungo tutta la catena produttiva.
Stando ai dati presentati, grazie a ricerca e innovazione negli ultimi dodici anni lo spessore dei contenitori aerosol in metallo si è ridotto del 22%, e la riduzione di peso ha comportato un risparmio di 3.880 tonnellate di CO2 per ogni 100 milioni di contenitori prodotti.
Tre relatori hanno esposto i diversi aspetti della circolarità: Dimitrios Soutzoukis (Responsabile Settore Tecnico & Sostenibilità di Metal Packaging Europe), Jose Oliveira (Direttore della Divisione Packaging di Colep) e Federico Fusari (Direttore di RICREA, il Consorzio Italiano per il Riciclo dell'Acciaio).
Al centro delle relazioni, l'importanza del riciclo per stabilire una vera economia circolare, i costanti miglioramenti tecnici nell'efficienza delle risorse e la competitività degli imballaggi in acciaio in uno dei modelli EPR (European Extended Producer Responsibility – responsabilità estesa del produttore) più completi a livello europeo.

Dimitrios Soutzoukis ha spiegato che la crescita  del mercato delle bombole aerosol risponde alle esigenze dello stile di vita attuale. I consumatori utilizzano gli aerosol metallici per molte applicazioni, dai prodotti per la casa al cibo e all'igiene personale. I maggiori incrementi in questo settore riguardano soprattutto i prodotti per capelli, per radersi e i deodoranti. I contenitori aerosol sono facili da usare, sicuri e resistenti. Hanno grandi caratteristiche di sostenibilità e questo è ciò che vogliono oggi i consumatori in tutti gli imballaggi.
I contenitori aerosol si raccolgono, separano e riciclano facilmente, in un processo competitivo che beneficia della domanda di mercato e dell’elevato valore del rottame. Tutti gli imballaggi metallici costituiscono un esempio perfetto di economia circolare, poiché acciaio e alluminio sono materiali permanenti che si riciclano all'infinito.

Per quanto riguarda il riciclo degli imballaggi in acciaio, l’Italia è un’eccellenza europea con 5,6 milioni di tonnellate avviate al riciclo in 20 anni. Grazie al riciclo degli imballaggi in acciaio nel nostro Paese, dal 2005 ad oggi si sono risparmiati 350 milioni di euro di materia prima e sono state evitate 4 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra.
 


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Paolo Steila – Miriam Pagano
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Prinicipale

Approvata la Strategia europea per il riciclo della plastica. Entro il 2030 il 100% degli imballaggi di plastica sarà riciclabile

La Commissione Europea lancia la prima Strategia europea per il riciclo della plastica: entro il 2030 il 100% degli imballaggi di plastica sarà riciclabile. Da gennaio la Cina sospende l’importazione di rifiuti plastici dall’Europa. Commenti sostanzialmente positivi da parte delle Ong (Organizzazioni non governative). WWF: “Bisogna agire prima del 2030”.


Una strategia comune per il riciclo della plastica

L’Unione europea “dichiara guerra” alla plastica. Il 16 gennaio scorso la Commissione europea ha approvato la prima Strategia europea per il riciclo della plasticaLa nuova Strategia, prevista dal Pacchetto europeo sull’economia circolare (approvato ad aprile 2017), prevede di riciclare e rendere riutilizzabili tutti gli imballaggi di plastica presenti sul mercato europeo entro il 2030, di ridurre l’utilizzo di sacchetti di plastica monouso e limitare l'uso intenzionale di microplastiche. Secondo la Commissione Europea, ogni anno in Europa si generano oltre 25 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, di cui meno del 30% viene avviato al riciclo, il 39% viene incenerito e il restante 31% smaltito nelle discariche. A questo proposito, la Commissione europea sottolinea che la produzione di plastica e l’incenerimento dei rifiuti plastici sono responsabili, a livello globale, dell’emissione di oltre 400 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno. Grandi quantità di rifiuti plastici finiscono poi negli oceani e nei mari di tutto il mondo, provocando considerevoli danni agli ecosistemi. A tal proposito, la nota rivista internazionale Science riporta che ogni anno vengono gettati negli oceani circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, di cui solo 8 mila tonnellate vengono recuperate da associazioni e gruppi di volontari.  Ciò comporta gravi conseguenze per gli organismi marini che, mangiando per errore le microplastiche (granuli, fibre e frammenti delle dimensioni di meno di 5 mm di diametro), che si generano a causa della degradazione della plastica, si procurano ferite e/o malattie. In particolare, lo studio pubblicato su Science dal gruppo di ricerca diretto da Joleah Lamb, ricercatrice della Cornell University di Ithaca (USA), stima che ci siano nelle acque mondiali almeno 11,1 miliardi di oggetti di plastica che rappresentano un pericolo per i 124.000 coralli (Figura 1) che costituiscono le 159 barriere coralline presenti in alcuni dei paesi della regione asiatica (Asia-Pacific region), bagnati dall’oceano Pacifico: Myanmar, Tailandia, Indonesia, Australia. Il gruppo di ricerca della Cornell University, inoltre, stima che la quantità di inquinanti di plastica sulla barriera corallina aumenterà di altri 15 miliardi entro il 2025.                            

 

Figura 1. Coralli inquinati da residui plastici

 

Il documento ufficiale, che illustra la nuova strategia da mettere in atto contro il consumo indiscriminato di plastica, riporta che ogni anno finiscono nelle acque di tutto il mondo tra 5 e 13 milioni di tonnellate di plastica, rispettivamente l’1,5% e il 4% della produzione mondiale di plastica (nella sola Unione Europea tra le 150 e le 500 mila tonnellate). Tra queste una quantità compresa tra le 75 e le 300 mila tonnellate è rappresentata da microplastiche. Dati allarmanti questi, ai quali l’Unione europea ha deciso di rispondere concretamente lanciando una Strategia a lungo termine – al 2030 – che promuova politiche comuni volte alla protezione dell’ambiente dall’inquinamento da plastica e spinga verso la crescita e l’innovazione dell’industria della plastica, settore che occupa oggi 1,5 milioni di lavoratori in Europa (dati della Commissione europea).

 

La nuova strategia nel dettaglio

La nuova Strategia europea per il riciclo della plastica cambierà la progettazione, la realizzazione, l'uso e il riciclo dei prodotti nei paesi dell’Unione europea. I principali obiettivi della Strategia sono:

  • Rendere redditizio il riciclaggio per le imprese. Verrà sviluppato un sistema di raccolta differenziata e di smistamento dei rifiuti comune in tutti i paesi membri dell’Ue. In questo modo sarà possibile risparmiare circa un centinaio di euro per tonnellata di rifiuti plastici raccolti e si creerà valore aggiunto per un'industria delle materie plastiche più competitiva e resiliente;
  • Ridurre i rifiuti plastici. La normativa europea ha già favorito una significativa riduzione dell'uso di sacchetti di plastica in diversi Stati membri. I nuovi piani si concentreranno ora su altri prodotti di plastica monouso e attrezzi da pesca. Per questo, saranno sostenute campagne di sensibilizzazione nazionali e definite nuove norme di applicazione che saranno proposte a livello di Ue nel 2018;
  • Un’etichettatura comune per le plastiche biodegradabili e compostabili. La Commissione europea adotterà nuove misure volte a limitare l’uso delle microplastiche;
  • Combattere la dispersione di rifiuti in mare. Ci saranno nuove disposizioni relative agli impianti portuali di raccolta dei rifiuti plastici intese a garantire che i rifiuti generati a bordo di imbarcazioni o raccolti in mare non siano abbandonati, ma riportati a terra e lì adeguatamente gestiti. Sono inoltre previste misure volte a ridurre l'onere amministrativo che grava sui porti, le navi e le autorità competenti;
  • Maggiori investimenti in innovazione tecnologica. Sono previsti 100 milioni di euro di finanziamenti ulteriori per lo sviluppo di materiali plastici più facilmente avviabili al riciclo. I processi di riciclaggio saranno resi più efficienti e sarà più facile tracciare e rimuovere le sostanze pericolose e i contaminanti dalle materie plastiche riciclate;
  • Stimolare il cambiamento in tutto il mondo. Oltre a fare la propria parte, l'Unione europea lavorerà con i suoi partner in tutto il mondo per proporre soluzioni globali e sviluppare standard internazionali.

 

La Cina sospende l’importazione di rifiuti dall’Europa

Secondo dati delle Nazioni Unite, nel 2016 la Cina e la regione amministrativa speciale di Hong Kong hanno importato da Europa, Stati Uniti e Giappone circa 10,3 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, pari al 70% dei rifiuti (plastici) raccolti e selezionati in tutto il mondo. Il mercato dell’import dei rifiuti in Cina valeva nel 2016 circa 21,6 miliardi di dollari (4,6 miliardi nella sola Hong Kong). Nel 2017 il Governo cinese aveva notificato all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) che da gennaio 2018 avrebbe imposto divieti all’importazione di 24 tipologie di materiali riciclabili, raggruppabili  in quattro categorie: plastica, carta straccia, rifiuti tessili e scorie di alcuni minerali. La recente misura è in linea con nuovi piani annunciati dal Governo cinese per proteggere l’ambiente dai rifiuti sporchi o contenenti sostanze inquinanti e pericolose, che spesso giungono nei porti del Paese. In una nota ufficiale, pubblicata nei giorni scorsi, il Governo di Pechino ha inoltre annunciato che da marzo saranno intensificati i controlli sulla qualità dei rifiuti importati dall’estero.

La recente chiusura delle “frontiere” cinesi all’importazione dei rifiuti prodotti in Europa avrà effetti significativi sull’industria europea del riciclaggio. Finora, solo il 15% della plastica made in Ue riciclata rimaneva all’interno dei confini europei, mentre l’85% veniva inviato in Cina per essere trattato. L’importazione di rifiuti plastici verso la Cina è incominciato a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, quando il Paese ha iniziato a importare rifiuti solidi dall’estero per alleviare la carenza di alcune materie prime. Nel corso degli anni si sono sviluppate nel Paese grandi aree di lavorazione e smaltimento dei rifiuti, ubicati soprattutto nelle provincie di Canton, Zhejiang e Shandong, aree costiere e principali porti cinesi. Tuttavia, il mercato dell’import di rifiuti destinati al riciclo è cresciuto notevolmente, in concomitanza con una maggior produzione di plastica a livello globale, e la Cina è diventata la prima destinazione di spazzatura per altri paesi (Figura 2). La recente decisione  del Governo cinese potrebbe però cambiare presto le cose e giocare un ruolo chiave nell'indirizzo della politica industriale globale.

 

Figura 2. Discarica a Nanjing (“Nanchino”), una delle più importanti città del Paese, considerata il secondo polo commerciale della Cina orientale dopo Shanghai

 

L’Unione europea fissa nuovi obiettivi

La nuova stretta sull’importazione dei rifiuti da parte della Cina preoccupa in particolare l’Unione europea che adesso dovrà mettere in campo nuove misure per il riciclo e il riutilizzo dei prodotti, in particolare, dei prodotti di plastica. In questa direzione, l’Unione europea ha già approvato il Pacchetto Ue sull’economia circolare ad aprile 2017 e ha annunciato ora, oltre alla Strategia comune per il riciclo della plastica, anche una serie di obiettivi da aggiungere agli impegni presi precedentemente. Tra questi, gli obiettivi principali sono:

  • La nuova Direttiva relativa agli impianti portuali di raccolta che sarà ora sottoposta al Parlamento europeo e al Consiglio per l'adozione;
  • In linea con quanto disposto dalla comunicazione "Legiferare meglio", la Commissione presenterà la proposta in materia di prodotti di plastica monouso nel corso del 2018;
  • I portatori di interessi hanno tempo fino al 12 febbraio 2018 per apportare il proprio contributo alla consultazione pubblica in corso;
  • La Commissione europea intende avviare la revisione della direttiva sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggi ed elaborare orientamenti per la raccolta differenziata e lo smistamento dei rifiuti affinché siano pronti nel 2019.

 

I commenti delle Ong. WWF: “Bisogna agire prima del 2030”

La nuova Strategia annunciata nei giorni scorsi dalla Commissione europea è stata accolta da commenti sostanzialmente positivi da parte delle associazioni ambientaliste di tutto il mondo. Tuttavia, pochi giorni fa il WWF, in un comunicato stampa, ha sottolineato: «l’orizzonte del 2030 appare un po’ troppo lontano rispetto all’effettiva emergenza che la plastica sta assumendo, giorno dopo giorno». Dagli anni ’50 del Novecento ad oggi, fa sapere l’Organizzazione, con la maggior diffusione dell’uso della plastica in tutto il mondo, abbiamo prodotto 8,3 miliardi di tonnellate di plastica, di cui abbiamo gettato in natura almeno 6,3 miliardi. Dati estremamente preoccupanti e sui quali il WWF invita i governi di tutto il mondo ad intervenire con urgenza.  «Il mondo non può continuare con il modello di spreco attuale», si legge invece in un comunicato stampa di Greenpeace, «basato sulla crescita indefinita in un mondo finito. E invece di trovare nuovi posti dove spedire la spazzatura, governi e industria dovrebbero trovare un modo più semplice per ridurne la quantità». Commenti a parte, è giunto il momento che industria, politica e società civile facciano uno sforzo collettivo nell’adozione di modelli economici più sostenibili basati sul riciclo dei prodotti e sull’economia circolare.


Fonti per approfondire:

  • Lamb et al. Plastic waste associated with disease on coral reefs. Science 359, 460–462 (2018) 26 January 2018.

principale

Al via da quest’anno il Bonus Verde per la riqualificazione di case e condomini

Il verde nelle città riduce i consumi energetici e migliora il comfort microclimatico degli edifici. Al via il Bonus Verde per il 2018: riconosciuta detrazione Irpef pari al 36% per interventi di “sistemazione a verde”.


I vantaggi delle “infrastrutture verdi”

Le “infrastrutture verdi” orizzontali (tetti verdi – green roofs) e verticali (pareti verdi – green walls) rappresentano degli eco-sistemi naturali realizzati con essenze vegetali adattabili su terrazzi, balconi e facciate di parti strutturali di edifici. Si realizzano attraverso substrati naturali oppure direttamente su terriccio e mantenute con sistemi di fertirrigazione automatica o manuale. Pareti e tetti verdi (green roofs and walls) mitigano le interazioni energetiche che l’edificio ha con l’ambiente esterno, migliorando le condizioni di comfort microclimatico per gli spazi esterni e interni. Nei periodi estivi, pareti e tetti verdi limitano i picchi di temperatura estivi grazie all'evapotraspirazione delle piante e alla riduzione dell'irraggiamento solare diretto e, allo stesso tempo, consentono di mitigare gli effetti fisici delle cosiddette isole di calore (Urban Heat Island – UHI) nei centri cittadini caratterizzati da traffico intenso (Figura 1). Le UHI causano un picco del carico elettrico del 3-8% per ogni grado centigrado di incremento della temperatura estiva.  

 

Figura 1. Effetti fisici delle Urban Heat Islands (UHI)

 

Le “infrastrutture verdi” migliorano l’efficienza energetica degli edifici

Attraverso l’impiego di sistemi vegetali si hanno poi vantaggi in termini di miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici. L’adattamento di coperture vegetali sugli edifici riduce la radiazione solare incidente e di conseguenza i consumi di energia elettrica per il condizionamento. I vantaggi in termini di miglioramento dell’efficienza energetica sono mediamente compresi nell’ordine del 3-10% nei periodi invernali (riduzione di energia per il riscaldamento) e tra l'8 e il 15% nei periodi estivi (riduzione di energia per il raffrescamento) rispetto ai costi annuali della climatizzazione microclimatica. Grazie al fenomeno dell’evapotraspirazione, inoltre, le piante rilasciano acqua sotto forma di vapore consumando una grande quantità di energia termica. Considerando che nel passaggio di stato – da liquido a vapore – per ogni grammo di vapore occorrono circa 700 kWh, che altrimenti sarebbero assorbiti dagli edifici e rilasciati come calore, i vantaggi in termini energetici sono notevoli.

La quantità di radiazione intercettata dalla coltre vegetale si misura con il parametro LAI – Leaf Area Index – Indice di Area Fogliare espresso in percentuale di radiazione intercettata (o trasmessa) nelle diverse fasi stagionali (Figura 2). Il valore del LAI uguale a 0 corrisponde al suolo nudo, mentre valori del LAI superiori indicano le diverse densità fogliari. 

 

Figura 2.  Parametro LAI – Leaf Area Index – Indice di Area Fogliare (fonte: ENEA RAEE 2017)

 

Gli obiettivi europei

Nell’Unione Europea il 40% dell'energia per il riscaldamento e il raffreddamento viene usata nel settore residenziale, il 37% nell’industria e il 18% nei servizi. L’Unione Europea stima la richiesta di energia elettrica, per il condizionamento climatico dell’aria per il 100% degli edifici utilizzati per scopi civili e commerciali (case, negozi, uffici) in 60 Mtep al 2020 per servizi localizzati sia in aree rurali che in aree urbane.

Di seguito, sono indicati alcuni tra i riferimenti istituzionali per migliorare l’efficienza energetica degli edifici:

  • Direttiva 2002/91/CE sulle prestazioni energetiche degli edifici (Energy performance of Building Directive). Prevede l’estensione della valutazione delle prestazioni energetiche di un edificio anche al regime estivo come evidenziato dalla sostituzione del concetto di “prestazione termica invernale” con quello più ampio di “prestazione energetica globale”;
  • Direttiva 2010/31/UE. Prevede che gli edifici costruiti dopo il 31 dicembre 2020 dovranno essere ad energia “quasi zero”;
  • Direttiva 2012/27/UE.Entrata in vigore in Italia con il decreto ministeriale d.c. 102/2014, prevede che gli Stati dovranno elaborare una strategia per favorire la ristrutturazione degli edifici residenziali e commerciali, sia pubblici che privati. Le pubbliche amministrazioni già dal 2018 dovranno attenersi alla costruzione di edifici ad energia “quasi zero”;
  • COM (2013) 249 final – “Infrastrutture verdi – Rafforzare il capitale naturale in Europa”. Sottolinea l’importanza per il settore dell’edilizia di soluzioni basate sulle infrastrutture verdi come giardini pensili e muri verdi. Queste “infrastrutture verdi” possono contribuire a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, consentendo di risparmiare energia per il riscaldamento e il raffreddamento con diversi altri vantaggi, come una migliore ritenzione idrica e purificazione dell’aria e una maggiore biodiversità;
  • Strategia Energetica Nazionale (SEN). Prevede lo sviluppo diprogetti che integrino ambiente, clima, energia e un Piano di ampio respiro incentrato sull'efficienza energetica. Per quanto riguarda l’efficienza energetica, si prevede di tagliare le emissioni del 39% al 2030 e del 63% al 2050, rispetto ai livelli del 1999 (circa 520 milioni di tonnellate di CO2 equivalente).

In questo contesto, il verde ha assunto sempre maggiore importanza come elemento funzionale nella riqualificazione degli edifici. Il verde, quando applicato all’involucro edilizio, migliora gli aspetti visivi dell’edificio e soprattutto non necessita di ulteriori spazi dedicati che potrebbero sottrarre ulteriore superficie edificabile.

La numerosa bibliografia scientifica sull’applicazione del verde sugli edifici riporta i seguenti dati per quanto riguarda l’applicazione delle coperture vegetali sugli edifici nelle città:

  • roofs (tetti) rappresentano il 20% della superficie nelle città;
  • Un green roofs può assorbire fino al 50% dell’acqua piovana;
  • 25 m2di superficie fogliare generano O2per una persona;
  • 1 mdi superficie verde elimina 0,2 kg di particolato in aria.

 

Al via il Bonus Verde per il 2018

La Legge di Bilancio 2018 riconosce una detrazione Irpef pari al 36% per spese sostenute per interventi di “sistemazione a verde” (Figura 3) di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari singole o condomini, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e costruzione di pozzi, e realizzazioni di coperture a verde e giardini pensili. Tra le spese incentivabili rientrano anche quelle relative a “progettazione e manutenzione” dei lavori. La detrazione si applica su un importo massimo di spesa di 5.000 euro per unità immobiliare, sostenuta ed effettivamente rimasta a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l'immobile sul quale vengono effettuati gli interventi verdi.

Le regole per usufruire del Bonus Verde sono le seguenti:

  • Sono riconosciute le spese sostenute dai contribuenti che detengono l'immobile sul quale sono effettuati gli interventi riguardanti aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e di pozzi sia privati che condominiali;
  • È  riconosciuta la detrazione anche per le spese relative ad interventi su parti comuni esterne di edifici condominiali fino ad un massimo di euro 5.000 per unità abitativa. In questo caso, la detrazione spetta al singolo condomino nel limite della quota a lui imputabile a condizione che la stessa sia stata effettivamente versata al condominio entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi;
  • Per usufruire della detrazione, ripartita in dieci quote annuali di pari importo, le spese devono essere effettuate con mezzi di pagamento tracciabili;
  • Sono ricomprese nell'agevolazione le spese di progettazione e manutenzione connesse all’esecuzione degli interventi indicati.

 

Figura 3. Tipologia di edificio verde (foto: Andrea Campiotti)     


Nota:

L'immagine d'intestazione dell'articolo mostra il "Vertical Garden" realizzato al biologo francese Patrick Blanc a Parigi, presso il Museo Quai Branly. La foto è stata scattata da Andrea Campiotti (autore dell'articolo).