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Introduzione

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Insetti a tavola? Che male c’è

Dal prossimo anno gli insetti in vendita anche in Europa. Secondo recenti studi un italiano su due pronto a mangiarli.


Verso la liberalizzazione

Mangeresti un piatto a base di insetti? “No, che schifo!”, risponderebbero in tanti. Eppure, oltre due miliardi di persone li consumano oggi in Asia, Africa e America Latina. Gli insetti sono inoltre da anni al centro di un acceso dibattito internazionale sul futuro del cibo. La Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura) prevede che nel 2050 saremo oltre 9 miliardi di persone nel mondo e indica gli insetti come valida alternativa alla carne animale. Nelle ultime settimane, sembra che anche l’Unione Europea abbia abbracciato una posizione più decisa per liberalizzare la vendita di prodotti a base di insetti. Dal primo gennaio 2018, infatti, sarà possibile acquistare alcuni di questi prodotti in tutti i Paesi dell’Unione Europea, grazie ad un pacchetto di norme in materia di alimentazione, il Regolamento Europeo 2283/2015, approvato dal Parlamento Europeo a novembre 2015, che entrerà in vigore proprio a partire dal prossimo anno.
 

La situazione in Europa

Le nuove normative europee circa il consumo di insetti per uso alimentare sostituiscono il vecchio Regolamento (CE) 258/97 in virtù del quale gli insetti rientravano nella definizione di “Novel Food”, cioè tutti quegli alimenti per i quali non è dimostrabile un consumo significativo all’interno dell’Unione Europea. Tuttavia, in questi anni, alcuni Paesi membri dell’UE hanno interpretato arbitrariamente il Regolamento escludendo dalla definizione di “    Novel Food” alcune specie di insetti e ammettendone, dopo alcune valutazioni del rischio, la distribuzione in territorio nazionale. Esempi in questa direzione sono presenti in Olanda, Belgio e Francia, dove già da alcuni anni è possibile acquistare in negozi specializzati e in store online, autorizzati per questo tipo di vendite, prodotti a base di insetti. Alcune settimane fa, anche la Svizzera ha dato il via alla vendita di tali prodotti. Sono comparsi sugli scaffali dei supermercati Coop burger polpette a base di grilli e farina di tarme. A tal proposito, la Cooperativa svizzera ha stipulato una partnership con un’azienda produttrice di alimenti a base di insetti, l’Essento. I prodotti sono realizzati con materie prime d’importazione e provengono prevalentemente da Belgio e Francia, in quanto non è ancora possibile allevare insetti in territorio svizzero. 

 

Figura 1. Insect balls

 

I vantaggi

Gli insetti potrebbero rappresentare un’alternativa valida alla carne di origine animale sia dal punto di vista nutrizionale sia dell’impatto ambientale. Sono una fonte di cibo altamente nutriente, in quanto possono fornire una quantità di proteine paragonabile a quella fornita da carne e pesce, e sono facili da convertire in alimenti. In media, per produrre 1 kg di carne di vitello vengono impiegati 8 kg di mangime e 15.000 litri d’acqua mentre per ottenere 1 kg di insetti bastano 2 kg di mangime e 7,5 litri d’acqua (dati Fao). Inoltre, gli allevamenti di insetti avrebbero un impatto ambientale di gran lunga inferiore a quello causato dagli allevamenti intensivi di carne, responsabili oggi del 25-30% delle emissioni ci CO2 globali.

La Fao sottolinea che le specie di insetti commestibili e in commercio nel mondo sono circa 1900: coleotteri (31%); lepidotteri (bruchi, 18%); api, vespe e formiche (imenotteri, 14%); cavallette, locuste e grilli (Ortotteri, 13%); cicale, cicaline, cocciniglie e cimici (Emitteri, 10%); termiti (Isotteri, 3%); libellule (Odonati, 3%); mosche (Ditteri 2%). 
 

Una ricerca in Italia

È possibile portare nelle tavole degli italiani dei piatti a base di insetti? Secondo un recente studio condotto dal Centro Studi della Società Umanitaria di Milano, anche nel nostro Paese si può abbattere il muro del rifiuto degli insetti a tavola. Dallo studio è emerso che il 47% degli intervistati è favorevole alla vendita di alimenti a base di insetti mentre il 28% si dice curioso di volerli mangiare, con un maggiore favore rilevato tra gli uomini (38%) rispetto alle donne (21%). Il campione favorevole cresce tra chi ama il cibo etnico (57%), chi ha a cuore l’ambiente (50%) e chi acquista cibo a km 0 o fa spesso viaggi all’estero (49%).

Per quanto riguarda i giovani consumatori (Millennials) il 38% degli intervistati si dice pronto a mangiare alimenti a base di insetti. Di questi il consenso è più alto tra gli uomini (58%) che tra le donne (42%). Dal sondaggio emerge poi che grilli, cavallette camole e formiche sarebbero gli insetti che gli italiani accetterebbero con meno preoccupazione nel proprio piatto. Inoltre, il 24% degli intervistati si dice disposto a mangiare barrette proteiche con farina di grilli, il 25% snack a base di formiche o tacos con grilli e il 19,7% pasta a base di farina di camole. La Società Umanitaria, che ha condotto lo studio, sta attualmente collaborando sul tema degli insetti a tavola con la Coop, e con un team di ricercatori provenienti dall’Università e da alcuni centri di ricerca. L’obiettivo è quello di avviare anche in Italia un allevamento sperimentale di insetti, mediante l’individuazione delle reti di distribuzione alternativa al supermercato (come, ad esempio, botteghe ad hoc autorizzate alla vendita dei prodotti) e fornendo tutte le necessarie informazioni sulla sicurezza alimentare degli insetti commestibili nei confronti dei consumatori. 

 

Figura 2. Farina di insetti

 

I pregiudizi

Sebbene ad oggi siano documentati i benefici sociali, economici, ambientali e nutrizionali dell’utilizzo degli insetti nella dieta alimentare, soprattutto in sostituzione di altri prodotti proteici, la società occidentale considera generalmente gli insetti come cibo di emergenza, di basso prestigio e specifico dei Paesi poveri. Numerose ricerche hanno identificato numerosi fattori responsabili dell’avversione dei consumatori ad accettare gli insetti come prodotto alimentare: dalle caratteristiche sensoriali (gusto e consistenza spiacevoli), alla paura di rischi per la salute. Tuttavia, le preferenze alimentari non sono permanenti e possono cambiare nel tempo, come è avvenuto in passato con l’accettazione in Occidente di piatti e alimenti appartenenti a culture gastronomiche di altri continenti (sushi, curry, zenzero, curcuma, lime, guacamole).

Appare difficile prevedere se gli insetti commestibili saranno il “cibo del futuro” in Occidente. Sicuramente, l’acquisto e il loro consumo dipenderà in primis dall’esistenza di una specifica legislazione che ne permetta la commercializzazione, dalla disponibilità del mercato, dalla tipologia di prodotti (se interi o trasformati) e da una attenta comunicazione verso i consumatori.

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Migliorare l’assorbimento di fosforo nel mais attraverso batteri della micorrizosfera

Testo tradotto e rielaborato dalla redazione di “Ambiente Risorse Salute” dall’originale in inglese “Facilitation of phosphorus uptake in maize plants by mycorrhizosphere bacteriae” * . Ha collaborato Matilde Cantele, allieva del Liceo scientifico statale “Ippolito Nievo di Padova”, in alternanza Scuola/Lavoro presso la nostra redazione.


Una delle principali sfide dell’agricoltura è fornire alle piante abbastanza nutrienti, quali il fosforo (P) per assicurare una produzione agricola che fronteggi la domanda globale di cibo. Disporre di una quantità sufficiente di P, che ha un ruolo essenziale nella crescita delle piante, è un problema a causa della disponibilità limitata di fosfato di roccia per la produzione di fertilizzante e della scarsa disponibilità per le piante del P presente nel suolo.

I sistemi agricoli attuali dipendono fortemente dalle continue applicazioni di fertilizzanti chimici, principalmente azoto (N), fosforo (P) e potassio (K), che contribuiscono al declino della fertilità biologica del suolo. In particolare, l’uso di fertilizzanti fosfatici è aumentato da approssimativamente 5 milioni di tonnellate all’anno nel 1961 ad approssimativamente 20 milioni di tonnellate nel 2013. Il fosforo è richiesto relativamente in grande quantità dalle piante per una crescita ottimale, dato che è un componente strutturale delle biomolecole coinvolte in vari processi chiave, inclusi la fotosintesi, la biosintesi di acidi nucleici e fosfolipidi, la respirazione e il trasferimento di energia. Molti suoli agricoli contengono un’alta concentrazione di P, sia nella forma organica che inorganica, il quale è però scarsamente disponibile per l’assorbimento delle piante a causa della sua immobilizzazione e precipitazione con altri minerali nel suolo, in terreni sia acidi che alcalini.

Lo studio indaga la possibilità che biofertilizzanti e biostimolanti, quali i funghi micorrizici arbuscolari (AMF) e i batteri loro associati, possano migliorare la crescita e l’assorbimento di P nel mais. Gli AMF sono simbionti obbligati e colonizzano le radici ospitanti per ottenere zuccheri in cambio di nutrienti minerali, assorbiti e traslocati per mezzo di una estesa rete di micelio extraradicale (ERM) che si diffonde dalla radice colonizzata al terreno. Questi collegamenti sotterranei, fino a 25 m per g-1 di suolo, funzionano come dei sistemi di assorbimento ausiliari che trasferiscono i nutrienti minerali, come il fosforo (P) o l’azoto (N), dal suolo extraradicale alle piante ospitanti.Lo sviluppo e il rendimento di AMF possono essere mediati da un terzo componente della simbiosi: comunità di batteri molto diverse che vivono associate alle spore AMF e al micelio (microbiota micorrizosferico). Questi batteri benefici rappresentano elementi chiave per la promozione della crescita delle piante (PGP), operata attraverso la fissazione dell’azoto, la solubilizzazione di P, la produzione di acido indolacetico (IAA), siderofori e antibiotici, fornendo nutrienti fondamentali e fattori di crescita. Recentemente l’approccio coltura-dipendente ha permesso l’isolamento in coltura pura di 374 ceppi batterici strettamente associati a spore Rhizophagus irregularis e alla selezione di Actinobatteri, Bacillacae, e ceppi di Sinorhizobium meliloti che mostrano diverse attività di PGP, tra cui la mineralizzazione di P da fitato e la solubilizzazione di P minerale.

Durante l’esperimento le piante di mais sono state coltivate con o senza micorrize in contenitori separati, con P radioattivo come tracciante e inoculate con ciascun ceppo dei dieci batteri selezionati e isolati da spore di AMF.I batteri Bacillus spp., Sinorhizobium meliloti e Streptomyces spp. sono stati inoculati da soli o in combinazione con il fungo micorrizico R. irregularis in due esperimenti usando recipienti compartimentati con un comparto con ife radicali (RHC) e uno con sole ife (HC). L’etichettatura del terreno HC con P radioattivo (32P o 33P) ha reso possibile la distinzione tra P assorbito dalle ife AM e P assunto da ife e radici in combinazione. La colonizzazione delle radici con AMF ha prodotto grandi responsi di crescita nelle piante di mais e in più sette ceppi batterici hanno ulteriormente facilitato la crescita delle radici e l’assorbimento del P favorendo lo sviluppo di micelio AMF extra radicale e quattro ceppi hanno aumentato anche il contenuto di P nella radice e il peso secco. Tra i ceppi testati, Streptomyces sp. W94 ha prodotto il più grande incremento nell’assunzione e traslocazione del 33P, mentre Streptomyces sp. W77 ha aumentato la lunghezza delle ife nell’assorbimento specifico del 33P.

Sono stati eseguiti due esperimenti successivi di 30 giorni dove i ceppi batterici di PGP sono stati inoculati da soli e in combinazione con AMF.Nel lavoro, i ceppi batterici erano inoculati direttamente sul seme e dopo 15 giorni nel semenzale invece che nel comparto delle ife.

 

Risultati

Le radici delle piante inoculate con AMF erano ben colonizzate in entrambi gli esperimenti e avevano un bel colore della radice arancione-giallo a causa dell’accumulazione di apocarotenoidi, mentre le radici delle piante non inoculate sono rimaste non colonizzate e chiare. Il micelio extraradicale, ma non le radici, ha proliferato dentro tutti gli HC dei recipienti inoculati con AMF e la densità di lunghezza delle ife misurata (HLD) era corretta dalla sottrazione dei valori medi e di fondo misurati nei trattamenti HC e NM.

L’inoculazione batterica non ha avuto effetti sulla colonizzazione micorrizica, che spazia dal 78% all’87% in exp.1 e dal 58% al 67% in exp.2, però ha incrementato HLD in entrambi gli esperimenti.È interessante notare che S. meliloti TSA41 è stato il batterio più stimolante sia in Exp.1 che nel 2 dove HLD è incrementata da 19 a 25% oltre i livelli misurati nelle piante micorriziche senza l’inoculazione batterica.

La colonizzazione AMF ha fortemente e costantemente aumentato la lunghezza delle radici. In particolare le piante inoculate con R. irregularis da solo o in combinazione con batteri, hanno presentato aumenti della lunghezza radicale, comparata con i controlli non micorrizati, del 62% e 211% rispettivamente nell’esperimento 1 e 2. La colonizzazione ha anche creato un forte incremento del contenuto di P nelle piante e nelle radici e dell’assorbimento di P specifico della radice delle piante di mais.

Nel primo esperimentola radioattività (32P) era costantemente rilevata nelle piante già 14 giorni dopo il collocamento e il contenuto di 32P nelle piante differiva chiaramente tra piante inoculate con R. irregularis e controlli non inoculati e le piante micorrizate mostravano conteggi più alti quando co-inoculate con i batteri. Nell’esperimento 2 l’inoculazione batterica delle piante NM non ha influenzato la lunghezza specifica della radice, ma ha aumentato il contenuto di P nella radice oltre l’80%, nelle piante inoculate conStreptomyces sp. W43N e W94, Bacillus sp. CH10 and S. meliloti TSA26 e ha incrementato l’assorbimento specifico di 33P rispetto alla lunghezza delle ife da 37 a 39% nelle piante inoculate rispettivamente con Streptomyces sp. W94 e W77, valore che nelle piante inoculate con S. meliloti N29 si è ridotto del 28%. In più, nell’esperimento 1, il diametro dello stelo e il peso secco (DW) della pianta erano costantemente più alti nelle piante micorrizate che nei controlli, entrambi inoculati o non inoculati con i batteri, mentre l’altezza e il DW della radice hanno presentato risposte più variabili.

Nell’esperimento 2 sia il DW della pianta che il DW della radice e l’altezza hanno risposto significativamente alla colonizzazione e i DW sono stati condizionati molto anche dall’inoculazione batterica, a seconda dei ceppi. Il DW della pianta più alto è stato trovato nelle piante inoculate con Streptomyces sp. W77, che differisce molto dal DW delle piante inoculate con S. meliloti TSA41 e S. meliloti N29. L’inoculazione con Streptomyces sp. W43N è stato l’unico esperimento a produrre un DW significativamente più alto, comparato con le piante AMF di controllo.

Le risposte di crescita delle piante alla colonizzazione micorrizica hanno complessivamente rispecchiato gli incrementi del contenuto di P nelle piante. Ci sono state correlazioni significative tra il DW e il contenuto di P nella pianta in entrambi i trattamenti NM e AMF nei due esperimenti, mostrando che gli effetti consistenti ed evidenti dei batteri sulla crescita della pianta di mais dipendono dalle loro abilità di migliorare l’assorbimento di P. Il contenuto di P nelle piante era positivamente correlato con il contenuto di 32P nelle piante in Exp.1 (P=0.001), dimostrando che l’effetto dell’inoculazione batterica sull’assunzione di P dalle piante era effettivamente collegata con il suo effetto sul contributo delle ife AMF all’assorbimento di P.

 

Discussione

 

Questo lavoro fornisce la prima prova della relazione vantaggiosa tra gli AMF e i batteri isolati dalle loro spore, che conduce a una maggiore abbondanza del micelio esterno alle radici. In numerosi casi ciò ha significato una maggiore crescita e un migliore assorbimento di P attraverso le micorrize nelle piante di mais, mentre un ceppo particolarmente efficiente, Streptomyces sp. W94, ha facilitato l’assunzione di P da parte delle ife AMF da un comparto del suolo senza radice. Il ruolo chiave del micelio extraradicale nell’influenza di AMF sull’assorbimento di P delle piante è stato confermato dalla grande assunzione di 32P o 33P dalla radice libera HC nelle piante. La sperimentazione ha confermato l’incremento del contenuto in P nelle piante NM, coerentemente con le caratteristiche funzionali dei batteri, che, in vitro, avevano mostrato la maggiore solubilizzazione del fosfato e un’elevata mineralizzazione dei fitati. Infatti un numero crescente di PGPB, inclusi Bacillus e rizobi, viene indicato in grado di mobilizzare il P del suolo dalla forma insolubile a quella solubile e poiché P era il principale fattore limitante di crescita nel nostro lavoro i ceppi batterici utilizzati possono essere considerati promettenti inoculanti, nell’ambito di una strategia sostenibile per accrescere la disponibilità di P e l’assunzione da parte delle radici.

In aggiunta ai loro possibili effetti diretti sulla mobilizzazione di P, i batteri influenzano anche la simbiosi AMF. Infatti, sette su dieci ceppi batterici hanno significativamente aumentato la lunghezza delle ife e due di tali ceppi hanno incrementato la lunghezza delle ife fino al 24% in più sui livelli misurati nelle piante AMF senza l’inoculazione batterica. Questi ceppi possono dunque essere classificati come batteri che promuovono la funzionalità della simbiosi micorrizica (MHB).

Ci sono comunque le prove per supportare l’ipotesi che la produzione batterica di IAA e di IBA (acido indolbutirrico) giochi un ruolo nell’allungamento delle ife AMF. È interessante notare che la lunghezza della radice in piante NM è aumentata fino al 53% grazie all’inoculazione con Bacillus sp. CH10. Questi risultati sono coerenti con risultati recenti sulla produzione in vitro di IAA da Bacillus sp. CH10. L’acido indolacetico è un importante fitormone, che gioca un ruolo chiave nella crescita delle piante, influenzando varie attività funzionali, come la divisone cellulare, l’allungamento, l’induzione radicale e lo sviluppo del frutto. Finora, numerosi ceppi appartenenti a specie diverse, tra cui numerose specie di Bacillus, sono stati indicati per la sintesi di IAA. Per esempio, B. flexus P4 e Bacillus sp. S6 che producono IAA hanno aumentato la lunghezza della radice di Solanum tuberosum, rispettivamente del 40 e 50%, rispetto al controllo non inoculato, mentre S. meliloti TSA41 e Streptomyces sp. W43N hanno fortemente alzato i livelli di IAA in piante di basilico in confronto ai controlli.

I traccianti radioattivi (32P e 33P) sono ampiamente applicati nello studio della disponibilità di P nel suolo e anche dell’assorbimento di P da diversi suoli e fonti fertilizzanti di P. In questo esperimento il trattamento del suolo HC con P radioattivo (32P e 33P) ha reso possibile distinguere l’assorbimento di P dalle ife AM dall’assorbimento di P da radici e ife combinate e individuare un’ampia variazione tra i ceppi batterici nella loro abilità nell’intensificare l’assorbimento di P attraverso canali micorrizici. È interessante notare che l’assorbimento specifico di 33P sia della pianta che delle ife, è stato maggiore nelle piante AM inoculate con Streptomyces sp. W94, che nei corrispondenti controlli senza batteri, mentre Streptomyces sp. W77 ha aumentato l’assorbimento specifico di 33P da parte delle ife. L’influenza dell’inoculazione batterica sull’assorbimento di P, mediato da AMF, da terreno HC era ulteriormente supportata dalla significativa correlazione positiva tra la pianta contenente P e la pianta 32P.

I nostri risultati sono coerenti con risultati precedenti ottenuti usando una tecnica di etichettatura isotopica, dove alcuni batteri non aumentavano il rilascio di P dal suolo, però erano capaci di solubilizzare P in vitro. Altri studi hanno riportato che, in vitro, la solubilizzazione di P da parte dei microorganismi non implica necessariamente che le piante inoculate crescano meglio. Per esempio, Taurian et al. ha analizzato 110 potenziali batteri in grado di solubilizzare P in vitro. Ma solo uno di questi agevolava la crescita di arachidi. Dunque la mobilizzazione di P da parte dei batteri PGP è un fenomeno complesso che può essere attribuito a caratteristiche funzionali multiple che influenzano differentemente la crescita della pianta.

In conclusione, la relazione tra l’assorbimento di P mediato da AMF e il contenuto di P nella pianta è stato significativamente influenzato dai batteri inoculanti, che instaurano con le piante AMF una rete di complesse interazioni. Questo risultato enfatizza la potenziale importanza sia di AMF che del loro microbiota per migliorare l’acquisizione di P da parte delle piante coltivate.


* Pubblicato on line su www.nature.com/scientificreports. Autori del testo originale: Fabio Battini, Monica Agnolucci e Manuela Giovannetti del Dipartimento di Scienze Agrarie, alimentari e agro-ambientali, Università di Pisa, Mette Grønlund e Iver Jakobsen del Department of Chemical and Biochemical Engineering, Technical University of Denmark, Lyngby, indirizzo attuale: Department of Plant and Environmental Sciences, Faculty of Science, University of Copenhagen, 1871 Frederiksberg C, Copenhagen, Denmark.