Insubria Task force

Insubria capofila di un progetto sulla conservazione della biodiversità e sulla creazione di un punto di controllo all’aeroporto di Orio Al Serio

L’Università degli Studi dell’Insubria è capofila di un progetto di Regione Lombardia sulla tutela della biodiversità e sul contrasto delle specie alloctone animali e vegetali. Quattro i partner: Università di Milano Bicocca, Università Statale di Milano, Università degli Studi di Pavia e la Società GRAIA di Varese.

Regione Lombardia è l’unica Regione italiana ad aver ottenuto uno dei sei finanziamenti  erogati dall’Unione Europea nell’ambito del bando LIFE Gestire 2020.
L’accordo siglato all’Università degli Studi dell’Insubria dai rappresentanti dei quattro enti partner – il professor Giuseppe Colangelo, prorettore Vicario dell’Ateneo, per l’Università degli Studi dell’Insubria; il professor Giuseppe Bogliani, docente di Zoologia, per l’Università di Pavia; la professoressa Sandra Citterio, docente di Biologia Vegetale per l’Università Bicocca; il professor Diego Rubolini, docente di Ecologia, per l’Università Statale di Milano, e il dottor Cesare Puzzi, veterinario ittiologo, amministratore delegato di GRAIA – è parte del progetto "Rete Natura Duemila", incentrato sulla gestione e salvaguardia del patrimonio naturalistico della Lombardia e finanziato nell’ambito di LIFE Gestire 2020.

In particolare l’accordo siglato a Varese mira a individuare le criticità nella conservazione della biodiversità, e il focus del progetto sta nel mettere a punto una strategia di gestione delle specie aliene in Lombardia che prevede anche l’inserimento di un sistema di controllo che prevenga l’immissione di specie aliene che involontariamente vengono trasportate dall’uomo attraverso le merci e i prodotti che giungono presso l’Aeroporto di Orio al Serio (Bergamo).

Gli aeroporti rappresentano uno dei maggiori punti di accesso delle specie alloctone, ha spiegato il professor Adriano Martinoli, docente di Zoologia e referente del progetto per l’Università degli Studi dell’Insubria, perché zone aeroportuali sono delle vere e proprie “porte d’ingresso” attraverso il traffico di merci: piante e animali potrebbero essere contenuti, ad esempio, nel terriccio delle piante in vaso o nelle merci (es. legname) e così introdotti accidentalmente nell’ambiente.

Esistono già punti di controllo agli Aeroporti di Milano Malpensa e di Milano Linate. Con l’accordo firmato con gli altri Atenei lombardi si realizzerà il punto di controllo su Orio Al Serio, anche grazie alla collaborazione con GRAIA.

"Il progetto è di ampio respiro – ha aggiunto Martinoli – e punta a mettere in atto una strategia efficace per la prevenzione e la risoluzione della presenza di specie alloctone in Lombardia, attraverso la individuazione e la gestione delle diverse problematiche. In primis dovremo realizzare una sorta di “black list” delle specie aliene animali e vegetali che hanno una influenza negativa prioritaria sul nostro ambiente. La creazione del punto di controllo richiederà una stretta sinergia con i Carabinieri Forestali: i docenti si faranno carico della formazione del personale aeroportuale e della individuazione delle specie pericolose, nonché dei punti critici nel trasporto merci».

Duecentomila euro sono i fondi a disposizione dell’Accordo sulle specie alloctone di Regione Lombardia, guidato dall’Università dell’Insubria. L’Ateneo è molto sensibile a questa problematica: non soltanto attraverso gli studi scientifici mirati in campo sia zoologico che botanico ma anche attraverso una campagna di divulgazione al grande pubblico, che passa, da ultimo, anche attraverso la mostra organizzata in collaborazione con il Comune di Varese, nella sede del Museo di Villa Mirabello, proprio sulle specie alloctone: “Alieni. La conquista dell’Italia da parte di piante e animali introdotti dall’uomo”.


Fonte:

Ufficio Stampa www.uninsubria.it/

rifiuti principale

L’Italia è tra le eccellenze europee nella gestione dei rifiuti

L’Italia si conferma tra i paesi più virtuosi a livello europeo nella gestione dei rifiuti, con il 79% dei rifiuti raccolto ogni anno. Prima la Germania. Seguono Italia, Francia e Gran Bretagna. Presentato a Roma il rapporto “L’Italia del Riciclo 2017” realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e dal FISE-Unire. Resta ancora elevata la quantità di rifiuti pro-capite prodotta dai cittadini nelle principali città italiane.


“L’Italia del Riciclo 2017”

La quantità di rifiuti destinata al recupero è più che raddoppiata dal 1999 al 2015, passando da circa 29 a 64 milioni di tonnellate, mentre l’avvio a smaltimento si è drasticamente ridotto da 35 a 18 milioni di tonnellate. Nel complesso, l’Italia si conferma tra i paesi più virtuosi a livello europeo, subito dopo la Germania, con il 79% di rifiuti raccolto ogni anno, seguita da Francia e Gran  Bretagna. Questo è quanto emerge dal rapporto “L’Italia del Riciclo 2017”, realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e da FISE Unire (Unione Nazionale Imprese Recupero) e presentato a Roma lo scorso 14 dicembre (Figura 1). Secondo il rapporto, nel 2016, sono stati avviati a riciclo 8,4 milioni di tonnellate di imballaggi, il 3% in più rispetto al 2015. I dati migliori sono stati riscontrati nelle filiere di alluminio, acciaio e legno. Sono rimasti stabili invece quelli relativi alla carta (80%) e all’acciaio (77,5%). Per quanto riguarda i rifiuti organici, che rappresentano la parte principale dei rifiuti che vengono riciclati, è stato registrato un aumento di percentuale: dal 40% del 2011 si è passati al 41,2% nel 2016, raggiungendo i 107,6 kg per abitante.

 

Figura 1. Roma, 14 dicembre 2017, presentazione del rapporto “L’Italia del Riciclo 2017” (foto: Andrea Campiotti)

 

Tuttavia, la quantità di rifiuti pro-capite prodotti nelle maggiori città italiane (Roma, Milano, Napoli e Palermo) risulta essere ancora tra le più elevate in Europa (oltre 500 kg per abitante), circa il 40% in più rispetto a Praga e Madrid e il 25% in più rispetto a  Berlino. La figura 2 mostra la quantità di rifiuti prodotti in Italia (t/a) secondo il “Rapporto Rifiuti Urbani 2017” dell’ISPRA. 

 

Figura 2. Rifiuti urbani prodotti in Italia (t/a) secondo il “Rapporto Rifiuti Urbani 2017” (fonte: ISPRA)

 

«L'industria italiana del riciclo – ha affermato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, nel corso dell’evento – ha raggiunto livelli di eccellenza in Europa, sebbene occorra un ulteriore avanzamento sia tecnologico sia normativo per raccogliere le opportunità ambientali ed economiche offerte dall’economia circolare». Ad oggi, sottolinea il rapporto, sono oltre 10.500 le imprese italiane che svolgono attività di gestione, recupero e smaltimento dei rifiuti. Ronchi ha aggiunto: «Il piano nazionale dell’Industria 4.0 deve interessare anche il settore dell’economia circolare. Sarebbe utile un’Agenzia nazionale per l’efficientamento del settore». Sul tema è intervenuto anche il Sottosegretario all’Ambiente Silvia Velo che ha ribadito: «L’Italia è leader nel settore dell’economia circolare, tuttavia, c’è poca consapevolezza tra le persone. Dobbiamo rendere più chiare e omogenee le norme circa il riciclo dei prodotti e riconoscere agevolazioni fiscali sia ai cittadini sia alle imprese.».

 

La situazione dei rifiuti in Europa

Secondo Eurostat, l’Ufficio Statistico dell'Unione Europea, nel 2015 i paesi membri dell’Unione Europea hanno prodotto circa 242 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, di cui oltre il 68% (circa 165,7 milioni di tonnellate)in soli cinque Stati (Italia, Spagna, Regno Unito, Germania e Francia). Attualmente in Europa, il settore della gestione dei rifiuti genera un fatturato complessivo di 155 miliardi di euro e ne produce quasi 50 di valore aggiunto. Tuttavia, a livello europeo, ancora si bruciano o si mettono in discarica oltre il 50% dei rifiuti prodotti, mentre la prevenzione dei rifiuti, la rigenerazione, la riparazione e il riciclaggio potrebbero generare – secondo dati della Commissione Europea – risparmi netti per le imprese europee pari all'8% del fatturato annuo, riducendo al contempo l'emissione di gas serra del 2-4%. Si stima inoltre – sulla base dei dati disponibili al 2013-2014 – che rispetto ai rifiuti prodotti e alle tecnologie oggi impiegate per la produzione di energia da rifiuti (termovalorizzatori, impianti di incenerimento, impianti di digestione anaerobica e altre tecniche), si potrebbe ottenere una produzione di energia pari almeno a 676 PJ (1 PJ equivale a 252 miliardi di kcal, cioè l’energia contenuta in circa 25 mila tonnellate equivalenti di petrolio). Inoltre, grazie allo sviluppo di tecnologie sempre più innovative, si potrebbe aumentare di oltre un quarto l’energia prodotta (Towards a better exploitation of the technical potential of waste-to-energy, EUR 28230 EN, 2016).

 

Il ruolo del compost in Italia

In Italia la quantità di frazione organica (umida e verde), che rappresenta la porzione principale deirifiuti urbani raccolti e avviati a riciclaggio, ha raggiunto pro-capite i 107,6 kg per abitante ogni anno, con una percentuale che è passata dal 40% del 2011 al 41,2% del 2016. In particolare, secondo l’ISPRA, gli impianti di compostaggio hanno prodotto nel 2016 circa 1,6 Mt di compost che, dal punto di vista normativo, viene classificato come “Ammendante Compostato Verde” (ACV). Con questa definizione si indica un materiale solido granulare ottenuto mediante il processo di compostaggio di scarti organici costituiti principalmente da residui vegetali derivanti dalla manutenzione del verde pubblico e privato (sfalci d’erba, potature, ramaglie), da residui di coltivazioni agricole e/o di lavorazione del legno. L’ACV viene usato come fertilizzante per la coltivazione di colture di pieno campo e per la manutenzione del verde ornamentale e ricreativo.

 

Figura 3. Quantità di rifiuti organica riciclato in Italia nel periodo 2011-2016 (fonte: ISPRA)

 

Il CIC (Consorzio Italiano Compostatori) ha riportato recentemente la necessità di mettere a punto una filiera della produzione di compost in grado di utilizzare le migliori tecnologie di recupero del rifiuto organico e di sviluppare strategie di valorizzazione e commercializzazione del compost funzionali all’impiego nel settore agricolo, floro-vivaistico, forestale e paesaggistico. Inoltre, il CIC  ha sottolineato di non trascurare la produzione di biometano per il trasporto e/o da immettere in rete che ormai rappresenta una grossa opportunità per le imprese. Secondo il CIC, i 23,5 milioni di tonnellate di “ammendanti compostati”, prodotti negli ultimi 25 anni, hanno reso disponibili sul mercato dei fertilizzanti circa 300.000 tonnellate di azoto, 190.000 di potassio e 170.000 di fosforo. In ultima analisi, l’uso del compost, di provenienza certa e privo di contaminanti, in sostituzione di concimi minerali e di sintesi per la fertilizzazione del suolo agricolo, consentirebbe di recuperare sostanza organica per reintegrarla nei terreni, contribuendo ad aumentare la fertilità biologica dei suoli, a ripristinare i siti contaminati da composti tossici e ad evitare fenomeni di erosione dei suoli.

H2020 Residue2Heat. Il Politecnico di Milano è partner del progetto

Grazie alle potenzialità dell’olio ricavato per pirolisi dalla biomassa per la produzione di calore nelle abitazioni è possibile ridurre notevolmente le emissioni di gas ad effetto serra e riciclare le ceneri.


Il Politecnico di Milano è partner del progetto H2020 Residue2Heat che rivela come sia possibile ridurre notevolmente le emissioni di gas ad effetto serra e riciclare le ceneri utilizzando il bio-olio ottenuto per pirolisi veloce di biomasse per il riscaldamento residenziale.

 

 

L’obiettivo del progetto di ricerca "H2020 Residue2Heat" è utilizzare vari flussi di residui della biomassa per la generazione di calore nelle abitazioni. Mediante il processo di pirolisi veloce, i residui della biomassa sono trasformati in un bio-olio (FPBO), un biocarburante di seconda generazione adatto alla combustione in una caldaia domestica opportunamente modificata. È possibile avere una riduzione tra il 77% e il 95% delle emissioni a seconda delle materie prime utilizzate per tale bio-olio. Questo è il risultato di un’analisi condotta nell’ambito del progetto Residue2Heat. Tali valori rivelano che sono soddisfatti i requisiti relativi alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra dell’attuale direttiva europea sulle energie rinnovabili (RED) nonché quelli della direttiva futura (RED II).

Tramite il recupero e il riciclo delle ceneri durante la produzione di olio da pirolisi, è possibile ottenere effetti ambientali positivi. Le indagini hanno mostrato che le ceneri ottenute durante il processo di produzione del bio-olio sembrano avere effetti positivi sulla crescita delle piante in esperimenti su piccola scala. Inoltre, le proprietà fisiche e chimiche di tali ceneri sembrano simili a quelle derivanti da altri tipi di ceneri. Uno dei possibili vantaggi potrebbe essere la loro applicazione come ammendante per terreni agricoli.

Inoltre, è stata elaborata un’analisi del rischio di sostenibilità per la produzione di olio da pirolisi basata sui residui forestali e la combustione in una caldaia domestica di piccola scala. In tale analisi sono state incluse varie materie prime, quali paglia di cereale, cortecce e miscanthus. In principio, tutte le materie prime analizzate possono essere applicate in modo sostenibile per il riscaldamento residenziale attraverso il bio-olio. Sono stati identificati alcuni possibili rischi che devono essere monitorati e tenuti in considerazione nell’applicazione di tali materie prime, ad esempio mediante certificazione della sostenibilità:

  •  stock di carbonio: mantenere bilanciato il tenore di carbonio nei suoli in seguito alla raccolta;
  • cambiamento indiretto della destinazione dei terreni: la coltivazione non deve sostituire la produzione alimentare;
  • biodiversità: mantenere la qualità del suolo e i nutrienti quando si utilizzano i residui di biomassa;
  • uso a cascata delle biomasse: applicare le biomasse (residue) per i prodotti e il consumo diretto di energia.

L’intero potenziale dell’olio da pirolisi ottenuto dai residui di biomassa per il riscaldamento residenziale sarà ulteriormente esplorato nel progetto Residue2Heat. Nell’ambito del progetto sono condotti studi di mercato relativi a tale nuovo combustibile e al relativo sistema di riscaldamento modificato, che forniranno ulteriori conoscenze per un’ottimale lancio sul mercato. L’obiettivo a lungo termine del progetto “Residue2Heat” è produrre il bio-olio attraverso i residui agricoli e forestali che non possono essere usati per la produzione di alimenti e mangimi e non comportano un cambiamento indiretto della destinazione dei terreni. L’approccio concettuale mira a ottenere biomasse locali, convertirle in bio-olio in strutture produttive relativamente piccole con una capacità di trasformazione tra le 20.000 e le 40.000 tonnellate di biomassa all’anno e distribuire il combustibile a livello locale ai consumatori finali.

Il progetto Residue2Heat ha beneficiato del finanziamento del programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione europea ai sensi della convenzione di sovvenzione N. 654650

 

Il consorzio del progetto Residue2Heat

Il progetto di ricerca dell’Unione europea “Residue2Heat” combina lo sviluppo delle tecnologie produttive nella produzione di combustibili rinnovabili con lo sviluppo di sistemi di riscaldamento per il mercato residenziale. Il consorzio è composto da tre università, tre istituti di ricerca e tre piccole e medie imprese provenienti da cinque diversi paesi:

  • RWTH Aachen University (coordinatore del progetto, DE);
  • OWI Oel-Waerme-Institut GmbH (coordinatore tecnico, DE);
  • BTG Biomass Technology Group B.V. (NL);
  • VTT Technical Research Centre of Finland Ltd. (FI);
  • MEKU Energie Systeme GmbH & Co. KG (DE);
  • IM-CNR Istituto Motori, Consiglio Nazionale delle Ricerche (IT);
  • PTM Politecnico di Milano (IT);
  • BTG BioLiquids B.V. (NL);
  • UIBK University of Innsbruck, Institute of Microbiology (AT).