Nota di copertina
“Siamo tutti vissuti dalla storia”. Questa visione nuova del fiume in cui scorrono uomini ed eventi – e che tutto e tutti coinvolge, trasformandoci di continuo – è essenziale al mondo politico, chiamato ad agire di sponda davanti ad accadimenti drammatici ed estremi, come la più grande crisi economico-sociale dell’era moderna e l’incombenza di mutamenti climatici su scala planetaria. Sono processi giganteschi e in rapida crescita che coevolvono assieme, ma non siamo attrezzati culturalmente a cogliere profondità e dinamica del loro impatto.
Questa fase cruciale per la storia dell’umanità è caratterizzata da un deficit di visuale complessiva. La vita politica, nel nostro Paese in particolare, si svolge ancora a livello pregalileiano e predarwinano. Si tratta di grandi rivoluzioni che hanno dato l’avvio a una cascata di avanzamenti scientifici e tecnologici in tutti i settori della società, meno che, purtroppo, in campo politico. Si è impedita, infatti, la maggiore conquista di civiltà: una nuova visione del mondo – scevra da leggende e miti, fantasie e superstizioni – discesa dalla scoperta della realtà oggettiva, con le sue leggi di movimento e di trasformazione.
La cultura processuale è chiamata a compiere il “miracolo” di traghettarci verso un mondo nuovo, in cui le grandi conquiste dell’evoluzione cosmica, geologica e biologica e delle neuroscienze si coniugheranno sempre di più con le scienze umanistiche e sociali in un’unica scienza, rivolta a una società sostenibile e alla sopravvivenza.
Costruire una cultura processuale significa infatti scoprire la realtà come processo, con le sue leggi di movimento e di trasformazione; scoprire se stessi come parte costituente di questa realtà ed elevare il pensiero politico a costruirsi a livello di queste conoscenze, per meglio comprendere e governare i processi oggettivi che incombono sull’umanità; sviluppare, in definitiva, una cultura e una politica che abbiano la capacità di rivestire al meglio lo svolgimento e la effettualità delle cose concrete, fuori dal mondo virtuale che dilaga come frutto di una visione soggettiva e individualistica che nega di fatto la realtà.
Essa consentirà di ripensare tutte le categorie del vecchio pensiero politico in forma profondamente rinnovata, come in una vera rigenerazione. Qui sta anche il suo valore unificante, che non ignora il valore dalla cultura idealistica, ma da esso parte per andare oltre. E permetterà alla politica, sotto l’incalzare della necessità, di fronteggiare la mutazione epocale in atto, perché questa segna drammaticamente una biforcazione tra i rischi di una profonda vulnerazione della nostra sopravvivenza e un grande salto di qualità nella sua capacità di leggerne i processi minacciosi, prevenirli nei limiti del possibile e governarli nel loro corso, oggi ancora in gran parte “silenzioso”.
Una nuova cultura processuale è indispensabile per superare,in tempo utile, la lacerazione tra la visione dei dotti e quella del popolo, che resta ancora la crepa più profonda della cultura contemporanea e c’impedisce d’incamminarci speditamente in un comune senso di marcia.
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