È Karina Atkinson la la vincitrice del premio “La Donna dell’Anno 2017”

Il Premio “La Donna dell’Anno” è stato istituito nel 1998 dal Consiglio regionale della Valle D’Aosta per sostenere l’attività e i progetti di donne straordinarie impegnate nella promozione della pace, nella difesa dei diritti umani e nello sviluppo sostenibile in diverse aree del mondo.

Quest’anno  il premio è stato assegnato a Karina Atkinson, 32 anni, la biologa scozzese che ha sottratto all’agricoltura industriale intensiva un’area del Paraguay ricca di biodiversità in via di estinzione, creando la riserva naturale protetta “Laguna Blanca”, meta di studiosi da tutto il mondo e fonte di reddito e sviluppo per la popolazione locale.

La Giuria ha ritenuto la Atkinson il personaggio femminile più vicino al tema dell’edizione 2017, il “dovere”, inteso secondo la frase di Gandhi «La vera fonte dei diritti è il dovere». “Dovere” come valore etico e capacità di dare forma a progetti di convivenza civile, economici e sociali, a sostegno dei diritti umani fondamentali.

Il premio è stato assegnato lo scorso 31 maggio  nel corso di una cerimonia presso il Centro Congressi Grand Hotel Billia di Saint-Vincent (AO)

In occasione della premiazione sono stati conferiti anche altri due riconoscimenti:

– Premio Popolarità di 15mila euro, assegnato dal pubblico del web di tutto il mondo ad Alessandra Farris, imprenditrice sarda che, per aiutare i genitori sordi, ha creato la start up IntendiMe, un innovativo sistema rivelatore di suoni che consente ai non udenti di superare la loro “disabilità invisibile”.

– Terzo Premio di 10mila euro – assegnato a Monika Hauser, medico scozzese che ha dedicato la sua vita a curare e sostenere le donne vittime di violenza sessuale nei conflitti di tutto il mondo, dalla Bosnia all’Afghanistan, e si batte affinché le politiche europee contrastino questa pratica bellica e includano lo stupro in guerra nelle motivazioni che danno diritto all’asilo.

Come ogni anno, nel corso della cerimonia è stato assegnato inoltre il Premio Soroptimist International Club Valle d’Aosta, del valore di 2.500 euro, alla cardiologa italiana Elisabetta Rossi impegnata contro la fame in Eritrea con il progetto “Moringa Oleifera”, pianta ad alto potenziale nutritivo e a bassa necessità idrica.

Infine una speciale Targa di Donna Moderna, media partner del Premio, è stata consegnata all’imprenditrice sarda Alessandra Farris dalla direttrice del settimanale Annalisa Monfreda.

Millenials

Mangio, dunque sono. I Millennials innovano le regole del Food System

È in atto una vera e propria rivoluzione del sistema agroalimentare in virtù della quale rete e tecnologie stanno trasformando radicalmente le nostre abitudini alimentari. Protagonisti di questo nuovo scenario socio-economico e culturale sono i Millennials. Comprano bio, prediligono i prodotti di origine vegetale alla carne e sono più attenti dei loro genitori e nonni alla qualità del cibo e alle sue modalità di produzione, trattamento e distribuzione.


È in atto una vera e propria rivoluzione del sistema agroalimentare in virtù della quale rete e tecnologie stanno trasformando radicalmente le nostre abitudini alimentari. Protagonisti di questo nuovo scenario socio-economico e culturale sono i Millennials. Il termine Millennials fu coniato dagli scrittori statunitensi William Strauss e Neil Howe nel 2000 nel loro libro “Millenials Rising: The Next Great Generation”, e identifica quella generazione di giovani nati tra i primi anni ’80 e gli anni 2000, chiamati anche “nativi digitali” perché cresciuti in una realtà caratterizzata dall’uso massiccio di strumenti digitali (Figura 1). Entro il 2020  i Millennials saranno il 25% della popolazione di Europa e Stati Uniti (Fondazione Deloitte).

 

Dati aggregati sulle generazioni in USA ed Europa (Germania, Francia, Italia, Spagna, UK), 2014

Figura 1. Generation Z ,i giovani nati dal 2001; Millennials: i giovani nati nel periodo 1980-2000; Generation X: la fascia di persone nate dal 1960 al 1979; i Baby Boomers: gli ex-giovani nati nel periodo 1946-1959. Source: Eurostat/USA, Census Bureau/Fung Global Retail &Technology. 3

 

Il focus su questa generazione ci mostra giovani con caratteristiche completamente differenti dai loro genitori, infatti i  Millennials rappresentano una fascia sociale che ama il benessere individuale e che mette ai primi posti salute, tempo libero e felicità e soltanto in ultima posizione il desiderio di arricchirsi attraverso la carriera lavorativa. Una recente indagine (REF Ricerche su dati Istat) ci mostra che in Italia i giovani tra i 16 e i 34 anni sono presenti soprattutto al Nord e al Sud rispetto al Centro, con una leggera prevalenza delle donne rispetto agli uomini (Figura 2). 

 

Figura 2. Dove vivono i Millennials in Italia? (Fonte: REF Ricerche su dati Istat)

 

Millennials sono poco dediti alla politica ma non sono contrari alla globalizzazione, anzi considerano naturale muoversi liberamente tra i vari Stati europei, grazie anche alle opportunità di studio offerte dal programma europeo Erasmus. Secondo la Commissione Europea, a partire dal 1987, anno di nascita del programma europeo di mobilità per gli studenti, più di 4 milioni di ragazzi/e europei hanno studiato in un altro paese e tra questi uno su dieci è italiano. In generale, il 6% dei giovani di età compresa tra 18 e 34 anni sono stati sinora coinvolti dal programma Erasmus. I  Millennials sono aperti alle contaminazioni e al confronto tra culture diverse, sono una generazione abituata a relazionarsi con strumenti digitali, primo fra tutti lo smartphone, che rappresentano anche il principale mezzo attraverso cui accedono a una varietà infinita di servizi, contenuti e informazioni. Numerose indagini ci dicono che i  Millennials sono avidi fruitori della rete e dei social network: il 76% di loro è abitualmente connesso tramite smartphone sui social network per inviare messaggi, vedere video virali e per ascoltare musica. Tuttavia le tendenze digitali di questi giovani non devono far pensare che siano dediti soltanto al divertimento, privi di interessi culturali e costantemente connessi alla rete. Al contrario, i  Millennials rappresentano una fascia sociale che più di ogni altra fascia del passato mostra attenzione e rispetto per i problemi ambientali e per i consumi di energia tradizionale. Infatti, tra questi giovani è molto diffusa la pratica della differenziazione dei rifiuti in casa oltre ad una maggior attenzione al consumo e allo spreco di acqua ed energia elettrica per le faccende domestiche (dati Nielsen, 2015). Nei confronti del cibo, i Millennials rappresentano una categoria di consumatori molto attenta alla qualità dei prodotti e alla sostenibilità dei processi produttivi che caratterizzano gli alimenti. Rispetto alle generazioni precedenti, spendono di più in cibo – la spesa annua negli USA è di circa 1000 miliardi di dollari – ma sono anche più informati su ciò che mangiano – l’80% di loro vuole conoscere la provenienza e la tracciabilità del cibo che mangia (Seeds & Chips, 2017). Secondo LegaCoop un quinto dei  Millennials italiani comprano esclusivamente prodotti biologici con preferenza per i prodotti a km zero e privi di OGM (Organismi Geneticamente Modificati) e spesso anche privi di glutine (gluten-free). 

 

    

Figura 3. Prodotti biologici in vendita (foto: Andrea Campiotti)

 

È  significativo che nel 2015 il mercato bio ha toccato quota 30 miliardi di euro (UE a 27,1 mld) con un incremento del 13%. La Germania è il mercato bio più importante in Europa (8,6 mld di euro), seguito da Francia (5,5 mld), Regno Unito (2,6 mld) e Italia (2,3 mld). Sempre in Italia, dove il cibo rappresenta un valore identitario, il 53,5% dei Millennials sul tema cibo si dichiara appassionato, il 28,3% intenditore e l’11,1% vero esperto (CENSIS, 2014). Un’altra tendenza tipica dei  Millennials è quella di preferire prodotti vegetali alla carne (in Italia le persone che hanno scelto un’alimentazione priva di carne e derivati sono oltre il 7% della popolazione). Per rendere l’idea dell’importanza che i Millennials ricoprono in Italia per le imprese che operano nell’industria del cibo, è opportuno citare i seguenti dati: 8,7 milioni di giovani mangiano piatti tipici di altri paesi europei (paella, crepes, ecc.), di cui 1,9 milioni regolarmente; 7,7 milioni mangiano piatti etnici (guacamole, cous cous), di cui 1,8 milioni abitualmente; 10 milioni consumano (di cui 3,3 milioni regolarmente) piatti preparati secondo ricette nuove di cui hanno sentito parlare in tv e/o letto su riviste e/o su ricettari (dati Censis, 2014).

I  Millennials sono inoltre appassionati del vino di cui rappresentano oggi il 34% dei consumatori a livello mondiale. In particolare, i Millennials statunitensi rappresentano la generazione che in quantità beve più vino di qualsiasi altra, con il 42% di tutti i consumi a differenza del nostro Paese dove il vino risulta essere preferito dalla Generazione X (i nati tra il 1965 e il 1980). Una recente ricerca del Nomisma, presentata in occasione del Vinitaly di Verona 2017, mostra che i giovani statunitensi nella scelta del vino guardano soprattutto alla notorietà del brand (32%) a scapito del tipo di vino (21%). Al contrario, il primo criterio di scelta dei giovani italiani è la tipologia del vino (51%), mentre la notorietà del brand risulta essere marginale (10%). Un altro food trend dei Millennials è il cosiddetto pranzo on the go, in pratica “mangio in strada”. Una ricerca Nielsen rivela che l’11% dei giovani passa la propria pausa pranzo per strada e il 28% di loro dichiara di amare il mondo dello street food.

Secondo una recente ricerca condotta dalla Cargill, una delle più grandi multinazionali al mondo del settore alimentare, i  Millennials hanno ormai dato avvio ad una nuova cultura del cibo fondata su tre aspetti principali: convenienza, varietà di scelta e trasparenza. Convenienza perché l’abitudine ad acquistare cibi pronti e take away, dovuto al poco tempo disponibile per fare la spesa, porta questi giovani ad acquistare alimenti soprattutto presso la Grande Distribuzione Organizzata (GDO) che mette a loro disposizione un ampio ventaglio di piatti pronti a prezzi sempre più competitivi. I  Millennials amano scegliere tra i numerosi prodotti della GDO e inoltre amano la trasparenza; infatti leggono le etichette dei prodotti perché vogliono essere informati sui cibi che acquistano, sono più sensibili e più attenti dei loro genitori e dei loro nonni alla qualità del cibo e alle sue modalità di produzione, trattamento e distribuzione. Per i  Millennials il cibo deve essere buono sia nel gusto che nella sua storia perché il cibo oltre che identitario è anche sinonimo di salute e quindi alla formula cartesiana “Penso, dunque sono” i Millennials preferiscono “Mangio, dunque sono”.

earth day

EARTH DAY. Per la maggioranza degli imprenditori italiani il 2017 è l’anno della svolta green

Da uno studio promosso da Conlegno in occasione dell’Earth Day che si celebra ogni anno il 22 aprile sin da l 1970 in tutto il mondo, risulta che per la maggioranza degli imprenditori questo è l’anno della svolta green. L’indagine ha coinvolto 150 imprenditori, selezionati a campione dalle principali città italiane, e 70 testate internazionali che hanno analizzato il tema dell’impegno imprenditoriale in campo ecologico.

Oltre 7 imprenditori su 10 (72%) hanno affermato di avere già messo in atto, o hanno intenzione di farlo, una serie di politiche e azioni concretamente ecosostenibili in azienda, dai vertici fino ai dipendenti. Dalle scelte più complesse, come gli investimenti nell’innovazione dei macchinari (44%) e l’installazione di pannelli solari per generare energia pulita (37%), alle più semplici, come la raccolta differenziata in ufficio (51%) e l’abbassamento dei termosifoni (45%).

Ma quali sono i comportamenti green che gli imprenditori italiani stanno per mettere in atto? Al primo posto si pone l’obbligo in azienda di fare la raccolta differenziata (51%), oramai sdoganata nelle aree metropolitane di tutta Italia. Sul secondo gradino del podio invece tutti quegli accorgimenti che permettono di ridurre l’impiego d’energia, come abbassare i termosifoni o chiudere porte e finestre se è attivato il condizionamento dell’aria (45%). Medaglia di bronzo invece per gli investimenti in macchinari e strumentazioni con classe energetica A o a minor impatto inquinante (44%). Chiudono le top 5 l’installazione di pannelli solari o altri dispositivi per generare energia pulita (37%) e l’acquisto da fornitori e produttori che dispongono di adeguate certificazioni che garantiscano la sostenibilità dei prodotti acquistati (34%).

Tra i vantaggi maggiori gli imprenditori rilevano un ambiente di lavoro più sano e sereno (87%), un risparmio economico sul medio e lungo termine (73%) e un incremento della reputazione dell’azienda in ottica CSR (62%). Una vera e propria tendenza che coinvolge principalmente le imprenditrici rispetto ai colleghi: tra le donne infatti la percentuale sale all’80%, soprattutto nelle grandi aree industriali del Centro-Nord.

Naturalmente i benefici sono interni ed esterni all’aziende, riguardano infatti oltre che il benessere in ufficio anche un risparmio economico sul lungo periodo e lo sviluppo di benessere sociale.

Molti imprenditori, però, nonostante la loro volontà, trovano alcune difficoltà nel concretizzare le proprie idee indirizzate alla sostenibilità. Ad esempio il 48% ritiene che siano il Governo e le amministrazione locali a dover favorire l’investimento in nuovi macchinari e strumenti amici dell’ambiente attraverso sgravi fiscali e sovvenzioni. Il 35% degli imprenditori invece lamenta la poca collaborazione di una parte dei propri dipendenti a mettere in atto semplici accorgimenti come la raccolta differenziata e lo spegnimento totale delle luci e pc all’uscita dal lavoro, o sottolinea l’elevato costo di alcuni prodotti certificati o realizzati con materiali di recupero (22%).

Ma quale è l’identikit dell’imprenditore “green” italiano? L’80% delle donne e il 64% degli uomini ha dichiarato di aver già messo in pratica, o ha intenzione di farlo, atteggiamenti sostenibili per la propria azienda e per i dipendenti. Tra di loro la maggior parte è under 45 (85%), mentre la percentuale scende al 59% tra i 46 e i 70 anni. Il fenomeno, più marcato nelle grandi città del Centro-Nord, vede in testa gli imprenditori dell’area di Milano (77%), seguita nella top 5 da Roma (75%), Torino (74%), Bologna (72%) e Napoli (68%).

La maggiore sensibilità al tema dell’eco-sostenibilità del genere femminile è già stata confermata da uno studio di Patricia Braun, professoressa della University of Ballarat in Australia, pubblicato sull’International Journal of Gender and Entrepreneurship, da cui è emerso che le imprenditrici di piccole e medie imprese, sottoposte a un questionario sulle politiche green in azienda, esprimono un maggiore livello di attenzione in circa il 50% delle domande.
Nel corso dell’esperimento invece, su 30 partecipanti, ben 6 uomini su 15 hanno abbandonato il progetto, facendosi sostituire da colleghe o giustificandosi affermando di non avere tempo.

Fonte: Ufficio stampa Conlegno, Consorzio servizi legno sughero.*