MAXXI di Roma: Anteprima Terra Madre e Festa del Bio

di Alessandro Campiotti

Dal 24 al 26 maggio si è tenuta presso il museo MAXXI di Roma la kermesse Anteprima Terra Madre e Festa del Bio, organizzata da Slow Food Italia, Arsial, FederBio e Regione Lazio, con il patrocinio del MASAF (Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste).

La tre giorni è stata caratterizzata da incontri, conferenze, laboratori e mostre, con il coinvolgimento di circa 200 giovani aderenti ad oltre 30 associazioni e realtà della società civile. Alla manifestazione erano presenti anche alcune decine di produttori dei Mercati della Terra, dei Presìdi Slow Food e delle aziende biologiche del Lazio, che hanno arricchito l’evento con l’esposizione dei loro prodotti biologici. Particolare attenzione è stata dedicata all’elaborazione di un documento che verrà presentato alla ventesima edizione di Terra Madre, che avrà luogo al Salone del Gusto di Torino dal 26 al 30 settembre, sui temi relativi alla crisi climatica, alla cultura alimentare, alla promozione di stili di vita più sostenibili, con un focus sull’agricoltura biologica e sulle politiche green a sostegno della transizione ecologica.

Lo slogan dell’edizione 2024 di Terra Madre è “essere natura”, e propone la realizzazione di un rapporto più equilibrato tra uomo e natura, dove si concretizzi un graduale passaggio dall’attuale cultura del consumo delle risorse naturali ad una cultura rigenerativa delle risorse stesse. Le attività antropiche, infatti, hanno causato un aumento della concentrazione dei gas serra in atmosfera di oltre 36 miliardi di tonnellate, con un innalzamento delle temperature medie di circa 0,2 °C per ogni decennio dal 1975 ad oggi. Il 65% dell’anidride carbonica atmosferica (CO2) deriva dai combustibili fossili utilizzati nei processi industriali, mentre le restanti frazioni sono dovute principalmente alle attività di silvicoltura e allevamento animale. Secondo l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) il settore agricolo è responsabile di circa il 15% delle emissioni di CO2 globali, al quale si aggiunge un ulteriore 15% dovuto agli allevamenti intensivi. Per questo motivo, da diversi anni, la comunità scientifica è impegnata nella ricerca di strategie di mitigazione e adattamento dei processi agricoli per orientare gli agricoltori su tecniche produttive più sostenibili per l’ambiente e per l’uomo.

Agricoltura biologica: obiettivo 25% al 2030 in UE
Al MAXXI di Roma, insieme alla kermesse Anteprima Terra Madre, è stata celebrata la Festa del Bio, che ha sottolineato i principali obiettivi della Commissione Europea, tra i quali quello di destinare il 25% dei terreni agricoli alla gestione biologica entro il 2030. In Europa le superfici coltivate secondo i criteri del biologico sono circa il 3,6% del totale, mentre tra i paesi dell’Unione Europea la percentuale media sale al 10,1%, con Francia, Spagna, Italia e Germania che si confermano i paesi più virtuosi. Riguardo l’Italia, i dati del Rapporto stilato dal Sinab (Sistema d’Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica) nel 2023 indicano una superficie coltivata a biologico di 2,2 milioni di ha, pari al 18% della SAU, a fronte di una media europea del 10%. La ripartizione geografica presenta una maggiore concentrazione di aziende produttrici nelle regioni meridionali e insulari (Sicilia, Calabria e Puglia), mentre i processi di trasformazione avvengono soprattutto nel centro-nord (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana).

Festa del Bio al MAXXI di Roma insieme ad “Anteprima Terra Madre (24-26 maggio 2024)

Il Piano d’azione 2021-2027 sullo sviluppo dell’agricoltura biologica, elaborato dalla Commissione Europea nel marzo del 2021, al fine di conseguire l’obiettivo del 25% entro il 2030, assicura agli Stati membri il sostegno per la promozione di campagne informative sulla qualità dei prodotti biologici e sui loro numerosi riflessi ambientali, economici e sociali. Per questo motivo, tra gli obiettivi del Green Deal europeo, il Parlamento europeo ha riposto molta attenzione al settore agricolo, sottolineando che la transizione verso un’agricoltura più sostenibile può aiutare l’UE a ridurre le proprie emissioni di CO2. A questo scopo, sono state promosse numerose iniziative, tra le quali, a partire dal 2022, l’istituzione della “Giornata europea del biologico”, che si celebrerà il 23 settembre di ogni anno.

Per approfondire:
European Commission Directorate-General for Agriculture and Rural Development, Directorate B. Sustainability B.4 Organics (30/11/2023).Istat, Settimo Censimento Generale dell’agricoltura (2020).

Malhi, G.S.; Kaur, M.; Kaushik, P. Impact of Climate Change on Agriculture and Its Mitigation Strategies: A Review. Sustainability 202113, 1318. https://doi.org/10.3390/su13031318.

Rete Rurale Nazionale 2014-2020, BIOREPORT 2021-2022, “L’agricoltura biologica in Italia”.

SINAB: Rapporto “Bio in cifre 2023”.

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20-22 maggio 2024: NBFC (National Biodiversity Future Center) apre a Palermo il Forum Nazionale della Biodiversità

di Alessandro Campiotti

Lo slogan scelto per celebrare la Giornata mondiale della biodiversità è “Essere parte del Piano”, un invito rivolto a tutti i soggetti interessati al fine di agire concretamente sulla perdita di biodiversità in attuazione del Quadro globale di Kumming-Montreal.

Dal 20 al 22 maggio, in occasione della Giornata mondiale della biodiversità 2024, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 per commemorare l’adozione della Convenzione sulla diversità biologica di Rio de Janeiro, l’Università degli Studi di Palermo ospiterà il Forum Nazionale della Biodiversità, convegno scientifico organizzato in collaborazione con il National Biodiversity Future Center (NBFC), centro di ricerche finanziato nell’ambito dei progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per il periodo 2022-2025.

L’evento vedrà la partecipazione della comunità scientifica nazionale e internazionale, con oltre 600 ricercatori, oltre ai rappresentanti istituzionali e del mondo delle imprese, con l’obiettivo di condividere i risultati più significativi della ricerca e orientare le azioni future in materia di salvaguardia degli ecosistemi.

In particolare, verrà presentato il primo “Rapporto annuale sullo stato della Biodiversità in Italia”, un documento sostenuto dalle ricerche condotte finora, che costituirà il database dello stato dell’arte della biodiversità in Italia e un utile strumento per orientare le politiche nazionali e locali, oltre a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della lotta alla perdita di biodiversità.

Nelle prime due giornate, 20 e 21 maggio, si terrà il convegno scientifico, articolato in una serie di sezioni nelle quali verranno illustrati i risultati delle ricerche degli 8 Spoke del NBFC, che rappresentano l’intera diversità ecosistemica, costituita da mare, terra e ambienti urbani. Gli argomenti all’ordine del giorno saranno la conservazione e il restauro del capitale naturale, la riqualificazione delle aree urbane degradate, così come il rapporto tra natura e benessere umano e le sfide socioeconomiche poste dai cambiamenti climatici, sino allo sviluppo degli strumenti e del know-how necessario a prevenire e mitigare la perdita di biodiversità.

I temi che verranno discussi si collocano nell’ambito delle numerose sfide poste dalla “Strategia europea sulla biodiversità al 2030”, che tra i suoi principali obiettivi annovera la protezione di almeno il 30% delle aree terrestri e la riqualificazione del 30% degli ecosistemi degradati entro il 2030.

Nelle diverse sezioni del convegno si alterneranno brevi talk a tavole rotonde e momenti di dibattito e verranno presentati gli oltre 300 poster scientifici relativi alle principali pubblicazioni, di cui i migliori riceveranno un premio.

La terza e ultima giornata sarà invece dedicata al tema della “diplomazia scientifica”, declinata sotto forma di dialogo tra il mondo della ricerca, le istituzioni, le imprese e i professionisti operanti nel settore. In occasione del Forum, verrà presentato il progetto “Biodiversity Science Gateway” (BSG), promosso da Università degli Studi di Palermo, ARPA Sicilia, CNR e NBFC, con l’obiettivo di presentare le attività svolte da NBFC tramite piattaforme digitali, database, mostre ed eventi, con il fine di coinvolgere la pluralità di stakeholders e la cittadinanza sui temi della biodiversità e della conservazione degli ecosistemi.

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“Nella testa di un gatto”

di Anna Cortelazzo

Un articolo di di Anna Cortelazzo pubblicato il 2 maggio 2024 sul “Bo Live” dell’Università di Padova

“Prima di cominciare a recensire Nella testa di un gatto di Jessica Serra (edito da Carocci) devo confessare una mia debolezza: sono una gattara impenitente, non a livello di quella dei Simpson ma poco ci manca. Il primo libro sui gatti l’ho comprato a 8 anni, quando non sapevo nulla sul concetto di affidabilità delle fonti, e credevo che ogni autore meritevole di finire sugli scaffali di una libreria fosse qualificato per parlare dell’argomento. Non ricordo sulla base di che criterio avessi scelto proprio quel libro, probabilmente mi piaceva il gatto sulla copertina, ma in ogni caso era di Desmond Morris: quando si dice cadere in piedi.
Da allora ci sono stati tanti libri e tanti gatti (miei o degli amici che d’estate me li affidavano), ma anche tante domande più o meno dilettevoli che mi venivano poste. Una di queste mi ha messo un po’ in crisi: ma un gatto d’appartamento riuscirebbe a cavarsela se l’essere umano si estinguesse?

So che molti gattofili (più tecnicamente: ailurofili) risponderebbero che con quegli occhioni qualsiasi felino domestico riuscirebbe a convincere anche un topo a sacrificarsi e trasformarsi in delizioso pranzetto, ma sottovalutare l’istinto di sopravvivenza di altre specie mi sembra francamente azzardato. Bene, nel libro di Jessica Serra ho trovato la risposta, ma ne parliamo dopo.
Serra è un’etologa francese specializzata in cognizione animale che per anni ha condotto il programma televisivo La vie secrète del chats. L’abitudine a frequentare diversi canali di comunicazione risulta evidente dallo stile del libro, da cui emerge la capacità dell’autrice di tradurre concetti scientifici complessi in una prosa accessibile e coinvolgente, rendendo la lettura avvincente per chiunque sia interessato alla mente dei felini, anche se non ha conoscenze etologiche pregresse. Con una combinazione di rigore scientifico e passione per il soggetto, Nella testa di un gatto ci offre un nuovo modo di guardare i nostri amici a quattro zampe, invitandoci a esplorare il loro mondo con occhi nuovi e una mente aperta.

Sono citate anche le ricerche più recenti, e questo spiega perché sono riuscita a trovare informazioni che non conoscevo, anche se sono solita piantonare le pubblicazioni scientifiche sull’argomento. Inoltre lo sguardo di un’etologa molto concentrata sull’aspetto evolutivo e sulla filogenesi permette di fare collegamenti fuori dalla portata dei semplici appassionati come me. Spesso Serra, pur precisando che non ci sono ancora articoli scientifici su determinati temi (i cani sono da sempre più studiati dei gatti perché sono considerati più collaborativi) ci restituisce le sue idee personali, ovviamente motivandole, e queste ipotesi suonano molto plausibili: le prendiamo per buone in attesa che, come lei si auspica, vengano confermate dai ricercatori.

Il titolo suona piuttosto riduttivo, per due motivi: il primo è che non si parla soltanto di gatti, ma anche di ricerche su altri animali, come la storia di Santino, di cui abbiamo scritto anche noi. Molto toccante è il punto in cui Serra cerca di rispondere alla domanda sulla consapevolezza della morte, che il gatto non avrebbe, a differenza dei gorilla. Serra riporta le parole di Coco, una gorilla addestrata a parlare nella lingua dei segni: quando le chiesero dove andavano i gorilla dopo la morte, lei rispose “Buco comodo, addio” e alla domanda su come si sentono i gorilla quando muoiono, nonostante i suggerimenti dell’assistente (“felici, tristi, spaventati”) Coco rispose “assonnati”. Il gatto invece sente la mancanza di umani e altri animali familiari che sono deceduti, ma a differenza dello scimpanzé non riesce probabilmente a comprendere che non torneranno più.

In secondo luogo, il testo si amplia in digressioni storico sociali, raccontando per esempio come è avvenuta la domesticazione, come se la passavano i gatti (non necessariamente neri) negli anni bui del Medioevo, quando erano perseguitati perché associati alle presunte streghe e hanno addirittura sfiorato l’estinzione, altre curiosità storiche come l’assedio di Pelusio, quando i persiani attaccarono 600 gatti ai loro scudi e gli Egizi rinunciarono al combattimento (ma non fatevi ingannare: è vero che per gli Egizi i gatti erano sacri, ma in virtù di questo alcuni di loro venivano allevati appositamente per essere sacrificati a Bastet) e, per finire, incursioni letterarie e cinematografiche (a proposito, se ve lo steste chiedendo, i gatti preferiscono la musica rock, veloce e acuta, rispetto alla musica melodica)….

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